In tutti i paesi del mondo operano più Obbedienze massoniche, spesso in rapporti “concorrenziali” tra loro. Il problema è particolarmente amplificato in Italia, per numerosi motivi, anche di carattere storico.
Proprio a causa di questo clima “concorrenziale”, spesso le varie Obbedienze pongono avanti il problema della “regolarità” al fine di legittimare il proprio Istituto a scapito degli altri.
È molto diffusa l’opinione che la “regolarità” di una Obbedienza consiste nel suo “riconoscimento” da parte della Gran Loggia Unita d’Inghilterra e nell’esatto rispetto dei “landmarks” quali si deducono dagli Old Charges e dalle Costituzioni di Anderson.
Tale posizione nasce dal postulato che la Massoneria speculativa sia stata creata dalla Gran Loggia di Londra nel 1717. È utile, al riguardo, riportare quanto scrive Francesco Brunelli in “Principi e metodi di Massoneria Operativa” (Bastoni, 1981):
«…si ebbe una prima fase, in Scozia ed in Inghilterra, della Massoneria speculativa sotto gli Stuart, di obbedienza cattolica, ma di un cattolicesimo tutto particolare perché imbevuto delle idee e dei piani dei Rosa+Croce, i quali aspiravano ad un cristianesimo universale fondato su una riforma religiosa, sociale, politica. A tale Massoneria, costretta ad emigrare per il succedersi degli eventi politici, sul continente ed in particolar modo in Francia ove si diffuse notevolmente, segue una Massoneria scismatica dalla prima, protestante anglicana ed orangista. Quest’ultima modifica i rituali, abolisce i gradi cavallereschi e soprattutto distrugge tutti gli antichi documenti che aveva raccolto, allo scopo di elaborare delle nuove Costituzioni. Questa è la Massoneria sorta nel 1717. Questa è la Massoneria che dà le patenti di “regolarità” alle altre Massonerie. A ciascuno le sue conclusioni.»
Si ricorda in proposito che, dopo la creazione della Gran Loggia di Londra, si operò una raccolta di tutti i preesistenti documenti massonici per poter redigere le nuove Costituzioni (affidate come è noto al rev. Anderson). Tali documenti vennero quindi bruciati con la scusa (addotta dall’Anderson) di “evitare che cadessero in mano di estranei”, in realtà per impedire che si potesse contestare la manipolazione operata dalla Gran Loggia
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Riguardo al rigoroso rispetto dei cosiddetti “landmarks”, scaturenti dagli Old Charges e dalle Costituzioni di Anderson, si osserva che le regole sono necessarie per qualsiasi organizzazione che non voglia dissolversi nel caos e deve perciò precisarsi l’autorità che le stabilisca e quindi, se occorra, le modifichi, ma naturalmente tali regole non dovranno mai contraddire i principi fondamentali della Massoneria.
Bisogna ben distinguere, però, fra i Doveri o Regolamenti - sanciti per la propria giurisdizione da ogni Gran Loggia, che quindi ha l’autorità di approvarli e perciò di modificarli - ed i Principi costituenti le “pietre miliari” caratterizzanti l’essenza massonica per sua natura immutabile
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Ciò premesso, il motivo sempre ricorrente in tema di “legittimità” è quello dei requisiti necessari per l’iniziazione massonica, considerando ciò il discrimen tra “Massoneria regolare” e “Massoneria irregolare”.
Tali requisiti (capi III e IV degli “Antichi Doveri”) si sintetizzano in: non essere schiavi o nati schiavi, non avere difetti fisici, essere di sesso maschile, non essere di nascita illegittima.
Ne scaturisce un’implicita accettazione della schiavitù, dell’inferiorità della donna, della discriminazione nei confronti dei portatori di un difetto fisico e dei figli illegittimi, ma ciò non deve meravigliare più di tanto, perché sono norme che, come tutte le cose umane, rispecchiano la mentalità di un’epoca. Ove però si pretendesse di considerare tali punti non già come la normativa destinata al massone in quanto “homo politicus” di una determinata epoca, bensì come i capisaldi dogmatici (leggi “landmarks”) destinati a indicare al massone, in quanto “homo philosophicus”, l’essenza dell’Istituzione, ci sarebbe veramente da arrossire.
Da un punto di vista prettamente filosofico è poi facile osservare, in tema di accettazione di landmarks, che non può ignorarsi il problema epistemologico fondamentale di non inserire, in un elenco di richieste (postulati), richieste tra loro contraddittorie. Dai sistemi contraddittori, potendosi dedurre qualsiasi proposizione (a causa del classico teorema del pseudo-scoto della scolastica medioevale), si dedurrebbe una qualsiasi Massoneria.
Sarebbe comunque estremamente riduttivo e superficiale ridurre la regolarità massonica al semplice rispetto formale di determinati requisiti. In realtà la regolarità consiste nella purezza degli intenti e nel rispetto dei principi etici e ideali della Massoneria e delle sue forme tradizionali e rituali.
Tale posizione rispecchia il manifesto sul tema della “regolarità massonica” approvato dal Raduno Massonico Internazionale di Parigi del 14-16 maggio 1987:
«…non esistono altri criteri di regolarità massonica al di fuori dei valori che restano il retaggio di tutti i Liberi Muratori. Ansiosi della ricerca della verità degli uomini, i Liberi Muratori riconoscono tutte le metodologie che concorrono a questo scopo allorquando s’inquadrano in una prassi di tolleranza e di rispetto della persona umana.»
A proposito di “Regolarità massonica” Papus (Gerard Encausse) in “Ce qui doit savoir un Maitre-Maçon” scriveva:
«Ogni Rito ha la singolare pretesa d’essere il solo regolare. Da ciò discussioni e scomuniche senza fine. È evidente che ogni potenza massonica costituita vedrà sempre di cattivo occhio la nascita o l’arrivo nel suo luogo di azione di una potenza nuova o proveniente da altro territorio. Dimenticando bruscamente tutti gli insegnamenti di Fratellanza, di Tolleranza e di Verità profusi nei discorsi ufficiali, ci si comporta con la nuova creazione esattamente come farebbe una Chiesa rispetto a una nuova Chiesa. Richiamo alla regolarità, scomunica maggiore o minore, proibizione ai Fratelli di frequentare i nuovi arrivati, insomma: tutto ciò che si rimprovera ai settari religiosi. Che vale la scomunica di un rito verso un altro rito? Esattamente ciò che vale la scomunica di una Chiesa nei riguardi di un’altra. I Riformatori sono irregolari per gli Ortodossi e tutti si caricano di documenti storici per affermare la loro sola regolarità. Coloro che parlano di irregolarità sono obbligati a gettare un velo discreto sulla loro propria origine, poiché la storia non possiede le compiacenze degli inventori dei rituali e rimette crudelmente al loro posto gli scomunicatori di oggi che furono spesso, se non sempre, gli irregolari di ieri.»
In conclusione senza addentrarci nelle polemiche dei riconoscimenti accordati, non accordati, mancati, ritirati per le varie Obbedienze italiane, ribadiamo che, a nostro parere, la “regolarità” non è un fatto burocratico, non si certifica con il riconoscimento di una Gran Loggia autoproclamatasi depositaria della Verità.
L’unica vera “regolarità” altro non è che la costante fedeltà ai principi morali, ideali, filosofici e spirituali della tradizione massonica.