«… libertà va cercando ch'è sì cara – come sa chi per lei vita
rifiuta.» (Dante)
La libertà - ma quale?
FILIPPO DI VENTI (Revista massonica svizzera febbraio 2003)
Conoscete la storia della capretta del signor Seguin? Me la leggeva
mio padre da bambino per addormentarmi (non mi ricordo se ci riusciva). È la
storia di una capretta che, tenuta sempre legata a una corda, desidera la
libertà. Il padrone alla fine gliela concede e lei, per poco, finisce in
bocca al lupo. Morale: la libertà è un bene che bisogna saper gestire.
Bisogna essere maturi per la libertà.
In termini più seri, parla di libertà Dante all’inizio del Purgatorio,
quando fa dire a Virgilio che: «...libertà va cercando ch’è sì cara /
come sa chi per lei vita rifiuta». «Libertà» è anche il titolo di una
novella del Verga, se ricordo bene. "Liberté" è la prima parola che figura
nel vessillo della Rivoluzione francese. Libertà è soprattutto uno dei
pilastri fondamentali del credo massonico.
Quale parola è stata più usata nella letteratura e nella storia? Forse
solo la parola “amore”. Ciò significa che la libertà è un valore innato
nell’uomo, un valore irrinunciabile.
Come tutte le parole molto usate, è stata anche abusata, travisata,
tradita. In nome della libertà si sono compiuti i più grandi sacrifici, ma
si sono anche consumati i più grandi crimini.
I concetti materiali
Poche parole si prestano ad un maggior ventaglio di interpretazioni, in
quanto poche sono più ricche di accezioni. Vediamone alcune. Una prima forma
di libertà è quella politica. Oggi in molti Paesi si ritiene realizzata
questa libertà. Ma lo è veramente? E, quand’anche lo fosse, è sufficiente
questa condizione esteriore per sentirsi veramente liberi?
Qualcuno ritiene prioritaria la libertà dei bisogni. Qui siamo ancora
lontani dall’averla realizzata a livello planetario, se si pensa che circa
un terzo dell’umanità soffre la fame. Ma anche questa non è una libertà che
ci rende felici. I Paesi ricchi non conoscono la felicità, tutt’al più
godono del benessere materiale.
La libertà dalle peggiori forme di dipendenza fisico-psicologica (droga,
sesso, denaro o altro) è certamente una forma più elevata, se si vuole
un’aspirazione più nobile. Ma neanche questa è pienamente soddisfacente. E
allora?…
Una condizione spirituale
Cominciamo col puntualizzare che la libertà è una condizione interiore e
così ci avviciniamo al concetto di libertà che è al tempo stesso il più
elevato e il meno realizzato su questa terra: la libertà dello spirito.
Ne hanno parlato filosofi e teologi, osservandola da varie angolature,
tutte riconducibili però a due posizioni di fondo: quella di chi ritiene
l’uomo autosufficiente (filosofi) e quella di coloro che ritengono che la
sua vera libertà si possa realizzare solo con l’aiuto di Dio (teologi).
Questi ultimi si sono accapigliati nei secoli sulla dottrina della
predestinazione, se cioè l’uomo sia veramente libero oppure se tutto sia già
scritto indelebilmente nel gran libro di Dio.
Vista l’importanza della questione, potremmo partire da qui, dalla
posizione di Dio nei confronti dell’uomo. Ci piace pensare che il Padre
eterno ci lasci liberi di agire e che quindi noi siamo pienamente
responsabili delle nostre scelte. Questa dottrina, che afferma il libero
arbitrio dell’uomo, è quella che gli concede maggior dignità. Non quindi lo
riduce a una sorta di manichino nelle mani del suo Creatore, ma ne fa un
essere autonomo e artefice del proprio destino. Ma è proprio così? Siamo poi
veramente tanto liberi nelle nostre scelte? E i fattori genetici? E quelli
educativi? E i condizionamenti socio-ambientali? Per non parlare del peso
della fortuna e del caso. Contro questa teoria, così bella, ma così
facilmente contraddetta dall’esperienza di tutti i giorni, si sono levati in
diversi tempi e in diversi contesti storici pensatori autorevoli del calibro
di Lutero, Calvino o Maometto.
Come pronunciarsi su un tema tanto spinoso e dibattuto? Si può solo dire
che la posizione di chi ritiene l’uomo artefice del proprio destino è più
costruttiva, perché lo spinge ad agire per creare un mondo migliore o per
rendersi meritevole del Paradiso. L’altra posizione sarà forse più
realistica, più «filosofica», ma è più immobilista. Perché mi devo affannare
per conseguire un certo risultato? Tanto, se è destino che lo raggiunga, lo
raggiungerò comunque, se invece non è destino, per quanto mi affanni, non lo
raggiungerò mai. Il mondo occidentale è generalmente schierato per il libero
arbitrio.
E tutto questo cosa c’entra con la libertà dello spirito – si chiederà
qualcuno? Tentiamo di dare una risposta.
Lo spirito è come un gas. Non ha confini e tende ad espandersi ovunque.
Se lo lasciamo libero, sale, sale, sale fino ad arrivare a Dio. L’uomo non è
arrivato materialmente ai limiti dell’universo o nelle viscere più profonde
della terra, ma il suo spirito sì. È andato addirittura oltre. Da sempre
l’uomo tende all’infinito, aspira a una dimensione sovrumana, desidera
l’assoluto. Non solo i filosofi, gli scienziati e gli artisti, ma anche
ciascuno di noi poveri mortali pensa con la lente d’ingrandimento e a tutti
noi il mondo, prima o poi, una volta o l’altra, «sta stretto». L’espansione
del proprio «io» non va intesa come prevaricazione selvaggia a scapito degli
altri. È fin troppo noto il detto che «la mia libertà finisce dove comincia
la tua». Tale libertà va intesa come possibilità per ciascuno di realizzare
appieno se stesso, nel rispetto tuttavia dei nostri simili. Certamente le
condizioni esterne (politiche, socio-ambientali, materiali) possono
favorirla, ma soprattutto saranno i fattori educativi a renderla effettiva e
pienamente operante.
Un'umanità nuova
Un’umanità nuova sarà quella che nascerà libera, libera dentro. Quella in
cui l’uomo verrà educato ad esprimersi per quello che è e non per quello che
gli altri o la società vogliono che egli sia. Egli dovrà poter realizzare le
proprie aspirazioni in piena libertà, senza condizionamenti materiali,
legali o psicologici. Non dovrà «essere dichiarato» libero, dovrà «sentirsi
» libero. Certamente le condizioni esteriori, che il progresso o la politica
potranno garantire, saranno importanti, ma non saranno determinanti o
comunque non saranno sufficienti, potranno essere una premessa, un
prerequisito.
prerequisito. Qualcuno forse intendeva riferirsi a questo ideale,
parlando del superuomo. Non tanto il nostro amato D’Annunzio, quanto forse
Federico Nietzsche. A volte i filosofi «estremizzano » i loro concetti per
rendere più chiaro il loro messaggio. Proprio come in certe sfilate di moda,
in cui la stravaganza dei modelli ci colpisce al punto da domandarci: ma chi
avrà il coraggio di vestirsi così? Ciò che lo stilista vuole comunicarci è
una certa idea, una determinata linea e allora lo fa nelle forme più
esasperate. È chiaro che in quei termini non verranno realizzati prodotti di
massa, ma quella linea, quell’idea sarà magari il leitmotiv di una stagione
e verrà recepita e realizzata anche nei capi d’abbigliamento in vendita nei
centri commerciali.
Così, una versione di più immediata fruizione del superuomo nietzschiano
potrà essere quella dell’uomo libero, artefice autentico del proprio
destino.
A nostro avviso, non è solo difficile, rischia di essere arbitrario. Non
sappiamo come sarà l’uomo del futuro, vogliamo solo pensare e sperare che
non assomiglierà a un manichino senza volto e senza cervello, assuefatto
alle idee imposte in modo subdolo dai mass media. Se un tempo ci si
lamentava della carenza dell’informazione, oggi ci si può legittimamente
lamentare dell’eccesso d’informazione che è diventata bombardante,
frastornante, deviante.
La libertà dello spirito la si potrà realizzare solo nella dimensione di
un’informazione corretta (quindi non strumentalizzata) e controllata da una
vera autority super partes, che filtri, selezioni, informi e non deformi o
trasformi.
Su questa via si può vedere un principio di realizzazione di libertà
dello spirito, un traguardo da sempre sognato, che non sappiamo se sarà mai
raggiunto dall’uomo, ma che rappresenta una meta stimolante, la vera
frontiera del terzo millennio.
Libertà massonica
In questa direzione la Libertà concepita in senso massonico non incontra
quegli ostacoli che la delimitano sul piano dei rapporti umani e sociali.
Nell'interiorità dell'individuo non esistono confini o spazi altrui da
rispettare. Lo spirito ha una dimensione assoluta, incommensurabile. Lo
spaziare nell'infinito è un viaggio affascinante, in cui l'uomo nella
visione massonica può provare l'ebbrezza che si prova a contatto con
l'ossigeno puro. Se poi il viaggio avviene in compagnia di altri Fratelli,
esploratori dello spirito come lui, sarà ancora più emozionante. Si arriverà
al G. A. D.U.? Si rimarrà delusi di non averlo trovato? Si giungerà in un
porto tranquillo o si navigherà in eterno in acque burrascose? Si ritroverà
se stessi o ci si perderà? Non conosciamo la meta, il Massone segue un
istinto insopprimibile, quello che da sempre ha animato i migliori spiriti.
Il suo viaggio avviene a tappe, ognuna delle quali gli riserva una nuova
emozione. Ad ogni traguardo raggiunto gli si dischiudono nuovi orizzonti più
lontani. La sensazione che prova è quella di un viaggio senza fine, ma di un
viaggio che lo arricchirà interiormente e che, comunque si concluda,
rappresenterà per lui un'esperienza irripetibile. La sua Libertà si
manifesterà proprio nel poter condurre a tutto campo una ricerca che si
estende negli sconfinati spazi dello spirito.
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