Elie Ducommun – Premio Nobel – Gloria della Massoneria Svizzera

Un grande Pacifista

Quando indaghiamo sull’appartenenza alla Massoneria di un qualsiasi personaggio storico ci troviamo fin troppo spesso davanti a labili segni, vaghe suggestioni, prove incerte e contraddittorie, tali da dover esperire i più raffinati processi deduttivi per arrivare a definire un quadro d’insieme che rimane pur sempre lacunoso e incompleto.

Alberto Barbero, giornalista, ha presentato questa relazione al Simposio su Elie Ducommun organizzato dalla ASSOKIPLING di Firenze del 2002 (Revista massonica svizzera febbraio 2005)

In questo caso invece tutta la carriera massonica di Elie Ducommun ci viene testimoniata dalla storia con la precisione e la puntigliosità del miglior cronografo – manco a dirlo - svizzero.

Anche grazie a un recente saggio di Michel Cugnet sappiamo che Ducommun fu iniziato a Ginevra nel 1856 (secondo altri autori nel ’57) in età ancora molto giovane. Era tuttavia un ventitreenne già molto apprezzato per la lucidità di pensiero e la laboriosità: aveva appena cominciato la sua carriera giornalistica con la direzione de La revue di Genève ed era in procinto di essere nominato vice-cancelliere dello Stato di Ginevra. Lo accolse la «Prudence», una loggia storicamente composta, per lo più, da orologiai e tipografi, ma anche una delle 15 officine che nel 1844 avevano fondato la Gran Loggia Svizzera Alpina.

Proprio in quegli anni, peraltro, la Massoneria di Ginevra aveva dato vita all’importante esperimento del «Temple Unique» con la riunificazione di tutte le Logge cittadine in un solo corpo e sotto uno stesso tetto. Nel 1858 lo Stato aveva concesso, a tal fine, un appezzamento demaniale e l’edificazione della nuova sede fu estremamente rapida, visto che nel 1860 il tempio era già in uso. Ducommun, che aveva sostenuto col consueto calore e impegno il progetto, ne era divenuto prima Segretario, poi Maestro Venerabile, infine Maitre Député.

Venerabile e Gran Maestro

Il tentativo di coabitazione, però, non ebbe il successo sperato: delle sette logge che avevano collaborato alla realizzazione solo quattro decisero di unirsi effettivamente. Le sempre maggiori difficoltà economiche portarono, così, alla chiusura del Tempio Unico già nel 1865. La sede sarebbe poi diventata (quasi una beffa del destino) la chiesa cattolica del Sacro Cuore. Fu un brutto colpo per la Massoneria di Ginevra che fece non poca fatica a riorganizzare le proprie fila, tuttavia, dopo circa cinque anni, la «Prudence» che frattanto si era fusa con la loggia «Fidélité» fondata nel 1842 dal Pastore della Chiesa Tedesca di Ginevra J. G.Weinig, prese ad essere il fattore trainante di una Massoneria ginevrina sempre più impegnata nei temi sociali, orientando i propri aderenti verso l’esame dei problemi concreti, economici e civili: diritto al lavoro, assicurazione obbligatoria, politica salariale, protezionismo ma, anche e soprattutto, le non poche lacune dell’assistenza pubblica. Fratelli di Loggia di Ducommun erano personaggi quali Georges Favon, caporedattore del Genevois (organo ufficiale del Partito Radicale di Ginevra), Consigliere Nazionale e Consigliere di Stato come lo erano anche Albert Dunant e Alexandre Gravat, Adrien Lachenal, avvocato e futuro Presidente della Confederazione Elvetica, i medici Alfred Vincent e Hugues Oltremare, ancora Charles Page, Alcide Jentzer, Adrien Babel, Pierre Mouriaud e molti altri, tutti – si direbbe oggi - impegnati nella politica e nel volontariato. E dall’analisi mirata dei problemi scaturirono risposte significative e propositive: così la «Fidélité et Prudence» arrivò a incaricare due propri membri di depositare e discutere in Consiglio di Stato i progetti sociali elaborati in Loggia. Sul tema dell’infanzia abbandonata, ad esempio, fu proprio dall’intervento di questi Massoni che ebbero origine Istituti pubblici ancor oggi esistenti.

L’intera famiglia massonica di Ginevra si affiancò con entusiasmo nelle imprese umanitarie costituendo, ad esempio, la «Fondazione di mutuo soccorso per gli orfani», un’istituzione che ebbe un importante ruolo nella storia della previdenza sociale di Ginevra. La Loggia «Union de Coeurs», per suo conto e di concerto con la Libera Chiesa Evangelica di Ginevra, partecipava intanto all’organizzazione dei soccorsi sul campo nelle battaglie del nord Italia.

I nove anni nei quali Ducommun svolse le sue attività libero-muratorie a Ginevra, lasciando un profondo segno di civiltà e di impegno anche nel mondo esterno alla Massoneria, furono dunque anni densi e importanti. Non si viveva allora in una massoneria-accademia ritratta in se stessa e nelle proprie speculazioni intellettuali, ma si partecipava ad un’effettiva officina-laboratorio di idee e di progetti da proporre e verificare nel dialogo e nel confronto con la società: non è un caso se proprio questo periodo, soprattutto nel mondo protestante, viene considerato alla stregua di un’età dell’oro libero muratoria.

Un’età dell’oro che non venne meno col trasferimento di Ducommun a Berna e con la sua successiva «affiliazione», nel 1873, ai ruoli della importante Loggia «Zur Hoffnung», l’Officina che, ancora nel 1844, era stata la maggior propugnatrice della costituzione della Gran Loggia Svizzera Alpina. Anche di questa Loggia Ducommun divenne Maestro Venerabile nel 1882 e, nel 1884, allo scadere del mandato, Maitre Député.

Poi, nel corso della Grande Assemblea della Gran Loggia Svizzera Alpina, il 19-20 aprile 1890, per come ci viene riportato nel notiziario (Alpina, anno XVI, n°8, 30 aprile 1890):

«…su 78 delegati, 78 voti furono espressi in favore del carissimo Fratello Elie Ducommun per la sua elezione a Gran Maestro, con una completa unanimità mai raggiunta prima…»

Ducommun, già Massone di rilievo sulla scena internazionale, si trovò dunque per cinque anni, tanto durava il mandato di Gran Maestro, a capo di una potente Massoneria svizzera, proprio contemporaneamente alla sua nomina a Segretario Generale del Bureau International de la Paix.

Massone e Pacifista

Dopo aver, forse anche troppo sinteticamente, disegnato lo scenario temporale e ambientale della Massoneria elvetica nella seconda metà dell’Ottocento possiamo finalmente cercarvi una compiuta espressione della personalità di Ducommun.

Certamente era un uomo che credeva profondamente nei valori della Massoneria e non ne faceva mistero. All’interno dell’istituzione manteneva contatti con molte Logge e doveva essere assai ben amato e stimato dacché figura come «Fratello Onorario» in numerose Officine. Ma anche nella società civile Elie Ducommun testimoniò materialmente il suo attaccamento all’istituzione e nel 1892, mentre era in corso una campagna stampa contro la Massoneria, non esitò a prendere la penna in mano per replicare con tutta la sua capacità di brillante polemista, il suo stile lucido e pacato e tutto il peso della sua eminente personalità pubblica:

«Noi non siamo una congregazione religiosa, né una lobby politica e neppure una setta segreta. Noi siamo soltanto un sodalizio di uomini, neppure i più puri, i più virtuosi e i più saggi ma solo uomini disposti a far fronte ai propri doveri fino in fondo perché la concordia e l’amicizia ci siano da guida attraverso le traversie della vita.»

Del resto anche l’impegno per la pace rappresentava per Ducommun (Premio Nobel per la Pace 1902) un modo per interconnettere l’esperienza Libero Muratoria con le realtà del mondo civile, partendo dal principio: «Massoneria e pacifismo sono i due titoli di uno stesso libro: chi dice pacifismo dice Massoneria, chi dice Massoneria dice pacifismo».

Era ben convinto del ruolo che poteva giocare la Massoneria in campo internazionale: «per pacificare gli animi e rendere meno tese le relazioni tra i popoli» e non mancava di richiamare i Fratelli a questi doveri nei discorsi che teneva nelle Officine.

A Lugano, presso la Loggia «Il Dovere», diceva:

«I Massoni hanno il gran vantaggio di sapere che la loro unione e le loro forze servono a qualcosa di giusto, di buono, di utile. È ciò che viene apertamente insegnato nelle Logge e che deve, altrettanto apertamente, esser conosciuto fuori: l’amore per l’umanità, la difesa dei deboli, dei bambini, degli oppressi, i sentimenti di giustizia e di benevolenza … solo così riusciremo ad essere veri Massoni, coloro che portano la propria pietra all’edificio della pace, della tolleranza, dell’amore fraterno che è poi il ruolo definitivo dell’uomo su questa terra.»

Così come nella Loggia «Fraternità» a Yverdon:

«I principi astratti di virtù sono una gran bella cosa, ma è cosa ancora più bella e grande applicarli alla vita di ogni giorno e questa applicazione ha un nome: soccorso ai più deboli, amore e giustizia per tutti! (…) Noi cerchiamo di far regnare non solamente tra noi ma anche nel mondo profano quello che è il nostro ideale, quella giustizia che vogliamo stabilire ovunque e, infine, il nostro scopo supremo, il miglioramento delle sorti dell’umanità (…) Non c’è, nel mondo morale, che una sola legge da perseguire: pace e giustizia!»

Il grande successo di Elie Ducommun fra i Massoni del suo tempo era dovuto soprattutto a questo: in origine era stato un propugnatore dell’impegno civile dei Massoni ed aveva contribuito a creare una progressiva spirale virtuosa di ricerca ed emulazione nelle attività delle Logge, poi era stato in grado di soddisfare la richiesta nell’impegno su «sfide» e su temi sempre più importanti, valga, ad esempio per tutte, la questione degli Arbitrati di pace internazionali su cui Logge di mezza Europa si applicarono per esperire le forme più efficaci e incisive.

Questi era Elie Ducommun, l’appena eletto Gran Maestro della Gran Loggia Svizzera Alpina che, nel suo programma quinquennale di governo in undici punti, non aveva esitato a porne due in grande evidenza:

  1. Studiare un ristretto numero di riforme sociali concrete la cui utilità sia riconosciuta come incontestabile, per rendere migliore e meno precaria la qualità della vita dei ceti più deboli della popolazione e perseguire queste riforme con ardore e perseveranza, alla stregua di un compito sacro della Massoneria.
  2. Pronunciarsi risolutamente contro il flagello della guerra.

Rimane solo un’ultima, breve, considerazione: se le molte Massonerie nel mondo riuscissero, oggi, a scrollarsi di dosso la polvere che le copre e tornassero sui passi dei percorsi di impegno civile tracciati da Elie Ducommun e dai suoi Fratelli coevi, forse gli «Ordini Libero-Muratori» risulterebbero meno ordinati e disciplinati, ma l’intera umanità potrebbe riporre una piccola speranza in più nel proprio futuro.

 

Alpina