La giustizia democratica basa sul potere del popolo o di una maggioranza
Massoneria e Democrazia
Non sono poche le preoccupazioni che mi assillano nel dover affrontare
e descrivere l’accezione polisemica del termine democrazia, parola dai molti
significati e non priva d’incongruenze. W. Churchill, un po’ serio e un po’
ironico un giorno affermò: «La democrazia è la peggior forma di governo, ma
non ne conosco una migliore.»
Orazio Lorini, Loggia Veritas, Locarno, ex Gran Segretario della GLSA
(Revista massonica svizzera agosto/settembre 2008)
Iniziamo con un episodio pratico. Di buon mattino mi reco alla piccola
edicola di quartiere a poche centinaia di metri da casa mia per comperare un
giornale: voglio vedere che c’è di nuovo nel mondo, specialmente nell’ambito
politico. La stampa a disposizione, scritta in varie lingue (prevalgono il
tedesco, il francese e l’italiano siccome siamo una nazione con quattro
lingue ufficiali) riferisce sugli avvenimenti più svariati sia della vita
interna sia di quella estera. La mia attenzione si concentra sulle attività
dei nostri parlamenti e governi comunali, cantonali e nazionali. Devo
comunque tenere presente che i redattori dei vari articoli, che si
definiscono indipendenti e neutrali, imprimono e danno alle loro relazioni
la fisionomia del proprio pensiero e della loro personalità. Dunque c’è di
tutto! Occorre, per farsi un’opinione, prestare, anche se solo velocemente,
attenzione un po’ a tutte le interpretazioni. Vi trovo, ad esempio, la
critica, sia quella semplicemente negativa sia quella positiva e
costruttiva, magari con proposte su come si dovrebbe, secondo loro, agire
per risolvere i problemi della società. Il discorso è lungo e poi, infine, è
un altro tema. Non sempre nel mondo delle civiltà umane, la libertà, che è
una delle figlie della democrazia è assicurata; pressioni che provengono
dagli ambienti economici, sociali, finanziari, politici, religiosi o dagli
ambienti militari possono rappresentare un ostacolo insormontabile. Chiaro,
non dobbiamo dimenticare che esistono elementi di informazione molto
delicati che, divulgati, possono mettere in pericolo la sicurezza nazionale
o rendere difficili le attività degli organi giudiziari nella sorveglianza
della legalità. La mia piccola edicola comunque mi offre un saggio di
democrazia. Nessuno infatti può impedire la libertà di stampa, garantita
dalle leggi della mia nazione. Sono poi libero di cercare e approfondire la
qualità e la serietà, ma sopratutto l’origine delle notizie che mi
interessano. Questo è un aspetto della democrazia. La libertà
dell’informazione; anche se non sempre da tutti gradita. In ogni caso se è
scorretta, imprecisa o bugiarda, ci si può rivolgere al giudice competente
con una richiesta d’intervento, si ha pure il diritto di rispondere
pubblicamente, anche attraverso la stampa, per correggere e/o precisare come
stanno le cose. L’abuso della libertà in uno Stato di diritto viene
penalizzato.
Le origini
A questo punto però mi sembra opportuno approfondire l’accezione,
l’etimologia e le circostanze storiche che hanno dato origine alla parola
democrazia; ci proviene dall’antica Grecia e significa governo del popolo: è
infatti composta da due termini, ossia demos = popolo (cioè l’insieme di
tutti i cittadini liberi) + kratia = forza, potere, dominio (dunque
governo). Il sostantivo descrive una forma di governo in cui la sovranità
appartiene al popolo, che la esercita direttamente o mediante rappresentanti
liberamente eletti. La democrazia può essere diretta o indiretta, dunque
parlamentare (costituzionale se regolata dalle leggi del paese),
rappresentativa poiché delegata dal cittadino a un candidato al parlamento
di sua scelta e gradimento. Il percorso storico della interpretazione della
democrazia è interessante. Ci conviene, almeno ad ampi tratti, ripercorrerla
nella sua prima fase. Nasce nell’antica Grecia, soprattutto nelle scuole di
pensiero di Socrate, Aristotele e Platone per giustificare a quel tempo
piuttosto un movimento politico che allora si opponeva all’aristocrazia. Nel
lessico politico greco l’espressione indicava un tipo particolare di
sistema, diverso tanto dalla monarchia (e dalla sua degenerazione la
tirannide) quanto dall’aristocrazia (e dalla sua forma deteriore:
l’oligarchia). Tuttavia i cittadini che allora godevano dei diritti politici
erano soltanto gli ateniesi maschi che avevano superato il 18esimo anno di
età ed avevano compiuto gli obblighi militari (due anni). Erano esclusi, le
donne, i minori, i nati in Atene ma da genitori di altra origine, gli
stranieri, gli schiavi ecc. Si intendeva contrastare con questa forma,
conosciuta come teoria aristotelica, del resto considerata poi non tanto
positiva come abbiamo appena visto (rivoluzionaria in quel contesto),
l’aristocrazia (governo di pochi) o la monarchia (governo di uno solo). Gli
storici definiscono la democrazia ateniese complessa ma ben articolata
specialmente dal profilo funzionale. La libertà di decidere è affidata ai
cittadini, che finalmente ne esce valorizzata, ma non solo, anche i principi
di uguaglianza sono rispettati. Un’uguaglianza assoluta riservata alle
capacità dei singoli cittadini (naturalmente limitata a chi é in possesso
dei diritti politici) di occuparsi degli affari di Stato che trova un valido
riscontro anche nell’elevata rotazione nei ruoli dirigenziali e nella
garanzia costituzionale del rinnovo continuo delle cariche nonché del
divieto di rielezione. È quindi logico che il trionfo della democrazia
potesse talora manifestarsi con l’avvento al potere di un limitato numero di
«capipopolo». La modesta dimensione e la limitata popolazione delle
Città-Stato della Grecia, nonché il discreto numero degli abitanti che
formavano il «popolo» spiegano come fosse possibile una democrazia diretta,
cioè un’assemblea della cittadinanza (esercitata mediante una suddivisione
della polis in rioni). Quest’assemblea (l’adunanza aveva luogo nell’Agorà)
che era il simbolo del governo popolare, veniva assistita da altre
istituzioni rappresentative come ad esempio l’assemblea dei magistrati
eletti direttamente o estratti a sorte in seno al popolo. Ridotto il
concetto ai minimi termini una nazione può definirsi democratica se
conformata e condotta con la compartecipazione attiva dei propri cittadini.
In Atene la democrazia veniva praticata da ca. 40’000 cittadini, mentre a
Sparta il concetto di democrazia era talmente restrittivo che ben presto
rimasero attive solo poche centinaia di cittadini. Con l’avvento dell’Impero
Romano, e quindi con la caduta del periodo ellenico, la democrazia perde di
vigore e solo per brevi periodi riappare con forme e dimensioni, in parte
diverse rispetto al modello ateniese. Non va dimenticato che democrazia è un
concetto astratto, pertanto mutevole e non applicabile concretamente su
regole fisse, ma semmai una scuola, un indirizzo, una guida. Del resto il
tema che sto trattando non riguarda la storia della democrazia;
semplicemente voglio conoscere e capire le sue origini per comprendere la
relazione che intercorre fra la Massoneria e la democrazia.
Il modello Svizzero
Vorrei soffermarmi con un breve esposto su cosa significa e come viene
praticata in Svizzera (definita sovente la più vecchia democrazia del mondo)
la gestione del governo con la costante e vigile partecipazione del
cittadino. Alcuni cenni di storia. Correvano gli anni 1242/45 fino al 1291
ove le popolazioni di alcune vallate delle Alpi ai piedi del massiccio del
San Gottardo, dominate dal casato degli Asburgo che allora regnavano
dall’Austria su buona parte delle popolazioni Alemanne conosciute in Europa,
si resero man mano sempre più autonome. Ai primi giorni del mese di agosto
del 1291 (ancora oggi il primo agosto è festa nazionale) fra i cantoni
«forestali » di Uri, Svitto e Unterwalden fu stipulato un patto in 13 punti.
Con questa presa di posizione le popolazioni vollero significare il loro
distacco dal potere esercitato dal trono imperiale Austriaco. Si erge, in
concomitanza a questi avvenimenti, la mitica figura di Guglielmo Tell, eroe
dell’indipendenza e della libertà Elvetica. Il patto redatto in latino,
estremamente sintetico ma completo, dimostra come il popolo, quando deve
stabilire le regole per governare, non si perde in pericolose tortuosità.
Vale la pena analizzarne brevemente il contenuto, a mio modesto avviso
ancora di tutta attualità. Dapprima si afferma che a causa della grave
situazione politica sociale ed economica occorre, mediante il reciproco
aiuto, proteggersi, prestare soccorso a chi si trova in difficoltà in modo
vicendevole, in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione; si tratta di una
convenzione che in precedenza era già stata pattuita segretamente. Al quarto
punto si proclama che in nessun caso sarà accettato un giudice designato
mediante un pagamento (corruzione) e che egli dovrà essere residente in una
della vallate dei tre Cantoni. Si limitava così ogni tentativo di ingerenza
esterna, non solo, ma si stabiliva anche che ogni problema regionale doveva
essere risolto all’interno. Inoltre il prelievo delle tasse doveva essere
commisurato alle proprie necessita. Si era così coniato il motto «Uno per
tutti, tutti per uno». Con notevole abilità dichiaravano però di essere
disponibili di partecipare ad azioni armate a favore del regnante austriaco.
Il governo della nuova Nazione non era cedibile e doveva restare saldamente
nelle mani di quella regione. Furono poi regolate, in sei punti, le pratiche
interne riguardanti la nomina dei giudici e dei funzionari, le modalità per
redimere contestazioni, i rapporti fra i cittadini, nonché il contenzioso in
merito a faccende finanziare. Chiara l’intenzione di evitare problemi di
ordine sociale all’interno dal momento che all’esterno si verificavano gravi
incertezze nella conduzione degli affari dell’impero ormai in fase di
disgregazione. Ben presto si unirono ai tre le città di Lucerna e di Zurigo,
attratte da una migliore percorrenza del passo del San Gottardo (commercio
nord sud e viceversa). Queste alleanze provocarono dissidi; gli ideali
professati nei Cantoni della regione montana, con tradizioni democratiche,
come abbiamo visto poc’anzi, non collimavano con quelli degli abitanti delle
città a tendenza oligarchica. Nei successivi 700 anni la Svizzera crebbe con
l’aggiunta continua di nuovi cantoni. La democrazia non sempre venne
applicata nella sua interpretazione pura. Ci fu anche la forma di un
pseudo-colonialismo; i Landvogti avevano il compito di amministrare le
regioni che non godevano dello statuto di Cantone. Con la Rivoluzione
Francese e l’invasione di Napoleone in tutta l’Europa, la Svizzera ottenne
un nuovo assetto giuridico e il riconoscimento di Nazione indipendente: la
Svizzera scelse allora la neutralità armata. Oggi il cittadino Svizzero, in
base alla Costituzione (la Carta Magna), gode dei seguenti diritti che,
comunque, sono ancora ancorati al «Code Napoléon»:
«Tutti sono uguali davanti alla legge; nessuno può essere discriminato in
ragione dell’origine, del sesso, della razza, della lingua, della posizione
sociale o delle sue convinzioni religiose filosofiche o politiche. Uomo e
donna hanno uguali diritti. Sono inoltre garantite dalla legge le seguenti
libertà; di credo e di coscienza, d’opinione e di informazione per i mezzi
mediatici, di lingua, di espressione artistica e scientifica, di
associazione e di domicilio. L’esercizio del diritto di voto e di
eleggibilità si acquista con il 18esimo anno di età per ambo i sessi. Il
popolo Svizzero designa i suoi rappresentanti sia per il potere legislativo
che esecutivo a livello comunale, cantonale e nazionale mediante votazioni
che avvengono ogni 4 anni. Anche i giudici (il potere giudiziario, che è
indipendente) vengono designati dal popolo mediante libere elezioni tenute
con voto segreto. Soltanto i componenti del Consiglio Federale sono eletti
dall’Assemblea Federale. Formalmente non esiste opposizione. Ogni partito, a
seconda della forza dei propri aderenti che si contano nelle votazioni
politiche, hanno diritto, secondo la percentuale, in forma proporzionale ad
uno o più membri nel governo nazionale. Non mancano le critiche
parlamentari, critiche talvolta anche forti e anche aggressive. Una
particolarità è poi ancora rappresentata dalla possibilità del popolo di
intervenire in ogni momento mediante due strumenti legali contemplati nella
Costituzione Elvetica che sono:
- L’iniziativa che consiste nella presentazione di un atto formale
popolare sottoscritto da almeno 100’000 cittadini che propongono delle
soluzioni a determinate tematiche; ad esempio l’abolizione dell’esercito, la
modifica o l’aggiunta di una nuova norma costituzionale, o l’abolizione o
l’inserimento di una prestazione sociale, per l’annullamento di un credito.
Questa facoltà è prevista sia a livello nazionale, nell’ambito cantonale
oppure a livello comunale; evidentemente cambiano i requisiti, in
particolare il numero delle firme.
- Il referendum che invece viene avviato sempre con un atto formale
popolare e relativa raccolta di firme come minimo 50’000 (mutano a seconda
del livello istituzionale) di cittadini in possesso dei diritti politici,
allorquando i parlamenti (del Comune del Cantone o federali) hanno decretato
l’introduzione di nuove normative giuridiche. Il popolo deve pertanto
decidere attraverso il voto se accogliere o meno quanto i rispettivi
legislativi hanno deciso. Il Consiglio federale deve invece sottoporre a
votazione obbligatoria determinate decisioni del parlamento e che secondo la
Costituzione vanno sottoposte al popolo. Sono, ad esempio, trattati con la
comunità internazionale o modifiche costituzionali.»
In modo sintetico e senz’altro riassuntivo, si può costatare che il
governo del Paese è sempre sotto il vigile controllo della cittadinanza: la
democrazia viene così vissuta e praticata in modo molto intenso.
Democrazia massonica
A conclusione della mia esposizione cercherò ora di spiegare il nesso che
corre tra il nostro Ordine iniziatico e la democrazia attraverso le varie
vicende storiche che ho descritto. In questa fatica ho potuto contare sulla
partecipazione di numerosi Fratelli che mi hanno seguito fino a questo
punto. Premetto che, in quanto Massone, con la mia Iniziazione, i vincoli ai
principi fondamentali dell’Ordine (ad esempio gli Antichi Doveri di James
Anderson, 1723) sono una valida guida per una interpretazione, il più
possibile neutra e libera. La Massoneria, credo si possa affermarlo senza
ombra di dubbio, vive su basi democratiche interne. Ciò premesso, siccome si
deve convenire che il pensiero massonico non è l’espressione di una
filosofia nel senso più ampio della sua accezione, ma dovrebbe, invece,
essere sorretta da una precisa filosofia pratica che riguarda l’uomo, la sua
natura e le sue finalità. Ci troviamo quindi confrontati con un’antropologia
massonica. S’intende con ciò una dissertazione intorno all’individuo umano
per precisare e codificare alcune caratteristiche indispensabili che formano
le componenti dell’antropologia massonica. In quest’ambito vanno ricordati
alcuni concetti ai quali noi siamo saldamente vincolati: la Libertà, la
Tolleranza, la Fratellanza, la Trascendenza e il Segreto iniziatico. Una
Loggia massonica, che è composta di uomini liberi, in età matura e di «buoni
costumi», percorre il sentiero delle regole della democrazia nel modo più
puro. Tutti i Fratelli sono uguali, hanno deposto volontariamente ogni
privilegio all’entrata in Massoneria; essi sono liberi e praticano l’amore
fraterno e le regole dell’armonia. Gli Ufficiali di Loggia sono eletti
mediante votazione segreta. Ogni attività nella Loggia può essere realizzata
solo dopo una serena discussione e messa ai voti per essere approvata. Nella
nostra Gran Loggia Svizzera Alpina le Logge sono indipendenti, soprattutto
per quanto concerne l’assetto giuridico: devono dotarsi di Statuti propri
che fanno riferimento alle Leggi dello Stato. Per un’ipotetica contestazione
(ad esempio problemi di appartenenza o faccende finanziarie) fra membri di
una Loggia che non trovano una pacifica soluzione, un membro può rivolgersi
al tribunale civile e chiedere una sentenza in base alla giurisprudenza
dello Stato. Gli Organi Direttivi nazionali della GLSA, ossia il Collegio
dei Grandi Ufficiali e il Comitato Direttivo (potere esecutivo) sono
designati dall’Assemblea generale (organo legislativo) costituita dai
Maestri in Cattedra, dai Maestri Deputati e dai Delegati che ogni Loggia
nomina in base al numero dei suoi membri. La Svizzera massonica a suddivisa
in Regioni che però non dispongono di strumenti decisionali. Esiste
solamente un comitato volontario consultivo formato dai Maestri in Cattedra.
I Maestri Deputati, uno per ogni Loggia, sono proposti dalla propria Loggia
d’appartenenza, ma eletti e installati dal Gran Maestro: essi sono, infatti,
i rappresentanti del Gran Maestro e hanno il compito di vigilare sulla
corretta applicazione dei rituali e garantire l’armonia fra i Fratelli della
loro Loggia. Non sono ammessi interventi diretti del Comitato Direttivo
dell’Alpina nelle faccende interne delle Logge; queste devono regolare la
propria organizzazione nel rispetto degli Statuti, i quali devono essere
approvati dagli organi direttivi della Gran Loggia Alpina. Così pure devono
essere approvati i rituali. Quelle dell’Alpina sono regole che si
riferiscono alla democrazia e all’antropologia massonica.
La democrazia è senza dubbio un bene sul quale si deve vigilare e che va
difeso. Abbiamo visto come, sin dalla sua nascita, siccome è un concetto
astratto, rapidamente la sua interpretazione può mutare, a suo detrimento, e
diventare nella sua applicazione più restrittiva, a dipendenza degli uomini
che si trovano al potere. Un altro aspetto fondamentale della democrazia è
un’adeguata istruzione. Tutti devono essere in grado di comprendere e
possedere gli strumenti ideali, poter accedere alle nozioni indispensabili
per migliorare la propria cultura generale, per essere analitici e
consapevoli del ruolo democratico che ognuno può e deve svolgere nella
società umana. L’istruzione deve essere garantita senza condizioni e libera
da qualsiasi ingerenza d’interessi particolari. Le nostre modalità, la
nostra preparazione, i nostri rituali e il nostro comportamento nell’ambito
massonico, sono d’esempio per il mondo profano. Noi siamo in grado,
attraverso la nostra cultura massonica, impegnati a costruire il «Tempio
ideale», di suggerire o proporre gli adeguati correttivi agli eccessi che si
verificano nel mondo profano che è, infine, anche il nostro. Conservando le
condizioni iniziatiche e la nostra particolare filosofia, possediamo un
valido strumento per frenare le passioni profane ed agire secondo i valori
massonici e democratici di «Libertà, Uguaglianza e Fratellanza». Termino con
questa considerazione: i nemici della democrazia sono l’egoismo, l’invidia,
la forza bruta, la violenza, il fanatismo, le faziosità, la privazione della
libertà, l’ignoranza, l’arroganza, nonché ogni forma di totalitarismo o
estremismo.
|
|