Tema
Non Quantità ma Qualità
Vi sono bussanti che non sono pronti
per questo passo, ma che credono di
poterlo fare per puro desiderio realizzativo
o di cambiamento a tutti i costi,
ma senza essere disposti a spogliarsi
degli orpelli della vita profana: una loro
entrata in Massoneria farebbe male
certamente all’Ordine, ma soprattutto
al soggetto che ne fa richiesta.
Alberto Giuffrida – «Veritas», Locarno (Revista massonica svizzera giugno/luglio 2009)
Indicare le qualità del Massone rimanda
spontaneamente alla domanda «che
cosa é la Massoneria?»... ma, forse,
induce a definire «cosa essa non é e,
soprattutto, cosa non dovrebbe mai
essere».
Attraverso una serie di fondamentali
distinzioni fra Ordine iniziatico ed Associazione
profana, tenterò di mettere in
evidenza le qualità che dovrebbero
venire richieste ad un bussante e, soprattutto,
quali terreni approfondire nell’analisi
di quest’ultimo affinché egli
possa essere considerato idoneo ad
affrontare il percorso iniziatico. L’obiettivo
fondamentale di questo elaborato é
mirato alla ri-scoperta di quei valori che
sono andati un po’ perduti e che, a detta
di molti Fratelli, caratterizzano la crisi
che sta attraversando il nostro Ordine.
Forse, un più oculato scrutinio del bussante,
potrebbe costituire per la Massoneria
una scelta di fondo importante,
suscettibile di metterci al riparo dalla
tentazione (un po’ semplicistica) di rinverdire
le colonne per pura adesione formale
e numerica, e non in virtù di qualificazioni
e di valori che, nel corso della
storia, hanno reso grande il nostro
Ordine.
Dirò subito che, malgrado qua e là se ne
possa erroneamente evincere il significato,
escludo nel modo più assoluto che
il termine di qualificazioni, possa essere
assimilato al significato di intelligenza o,
peggio, di potere. Un’intelligenza non
accompagnata dalla dovuta saggezza,
oltre che inutile, sarebbe davvero sprecata!
Associazione profana
o Ordine Iniziatico?
Una comunione di individui che decidono
di raggrupparsi per lavorare insieme
viene chiamata Ordine Iniziatico quando
essa presuppone l’adesione ad una
Regola o un Rito attraverso cui conseguire
un determinato fine che si situi al
di là di riscontri puramente legati al possesso
ed alla materialità. Il termine Rito
deriva dal latino ritus, ordine prescritto,
parola derivante a sua volta da una forma
dell’Indoeuropeo vedico rta o arta che
evoca l’ordine del
cosmo. In particolare,
l’aggettivo Iniziatico
significa il
percorso o il movimento
che intraprende
una persona
giunta alla
soglia della presa di
coscienza (o,
comunque, del
desiderio di cambiamento
profondo
del suo essere), con
l’obiettivo di assumere
il controllo
delle sue facoltà
psichiche superiori.
Con l’iniziazione, la
persona compie
un’operazione
interiore che costituisce
il primo
passo verso la trascendenza
del proprio Io e, quindi, verso
la separazione/liberazione del proprio
desiderio di possesso materiale, qualsiasi
esso sia. Tale processo di
separazione/liberazione avviene attraverso
un costante movimento dell’Essere
in cui egli stesso é attore di una serie di
Rettificazioni che, partendo dai vincoli
dell’esistenza subpersonale, lo porterà a
muoversi nella direzione della Libertà e
dell’Amore verso l’Altro.
Non é, per contro, un Ordine e, ancor
meno, un Ordine Iniziatico un’associazione
di individui che limita la propria
attività allo scambio dialettico, nel senso
più ampio del termine. Bene inteso, lo
scambio dialettico ha un suo valore
importante e profondo che qui non é
minimamente messo in discussione. Nel paragone con l’Ordine Iniziatico, l’associazione
così descritta se ne dissocia però
sensibilmente in quanto in essa la Dottrina
prevale sulla Conoscenza, malgrado
il fatto che la circolazione del Sapere,
dello scambio relazionale e dell’approfondimento
concettuale, costituiscano
una fonte inesauribile di progresso e di
incrementazione di conoscenze teoriche.
Congiuntamente ad altri elementi che le
caratterizzano e che verranno esaminati
successivamente, già nei termini di
Sapere e Conoscenza incontriamo una
prima fondamentale differenza per
quanto riguarda i meccanismi e le fonti
di apprendimento (ma anche di approfondimento
e di crescita) che dovrebbero
regolare e, nel contempo, distinguere
l’Ordine Iniziatico dall’Associazione profana,
con particolare riferimento al tipo
di legame che questa distinzione produce
al loro interno e tra i membri che ne
fanno parte. Nel paragrafo seguente,
tenterò di esplicitare la differenza fondamentale
tra questi due termini. In seguito
elencherò altri fattori - non meno importanti
- che segnano la differenza tra
Ordine iniziatico e Associazione profana.
Sapere, Conoscenza, Verità
Nel discorso comune i concetti di sapere
e conoscenza vengono spesso confusi e
assimilati l’un l’altro; ritengo però che
una brevissima disquisizione sul tema
possa gettare luce su quanto qui é in
discussione. Il sapere, a differenza dell’informazione
e dell’assoluto primato
dell’oggettività che la dovrebbe caratterizzare,
consiste in una trasmissione di
pensieri, opinioni, teorie o concetti che
implica un rapporto di ascolto partecipe
tra mittente e ricevente, dove gli universi
rappresentativi dell’uno e dell’altro si
mescolano, si percepiscono e si compenetrano.
Questa concezione induce lo
psicosociologo francese B. Charlot, nel
suo luminoso saggio intitolato «Le rapport
au savoir», a ritenere che, pur ascrivendosi
al registro dell’oggettività, «Le
savoir est un rapport avec Autrui».
Pur agendo (come l’informazione) sotto
l’egida dell’oggettività, il Sapere consiste
in un'appropriazione dell'informazione
da parte del soggetto ed una conseguente
modificazione sia di quest’ultima
sia del suo universo rappresentativo e
cognitivo.
Esso é, quindi, prodotto dal soggetto confrontato
ad altri soggetti in uno scambio
relazionale e sociale profondo, diventando
così un prodotto comunicabile,
ovvero «un'informazione disponibile per
gli altri» (J.M. Monteil, 1985).
«Il n'y a de savoir que pour un sujet, il n'y
a de savoir qu'organisé selon des relations
internes, il n'y a de savoir que dans
une confrontation personnelle. Autrement
dit, l'idée de savoir implique celle
de Sujet, d'activité du sujet, du rapport
du Sujet à lui-même, de rapport de ce
Sujet aux autres qui construisent,
contrôlent, valident, partagent ce savoir.»
(B. Charlot)
Il tema della Conoscenza, dal canto suo,
sin dall’antichità ha impegnato i nomi
più grandi della Filosofia: da Aristotele a
Piaget, da Plotino a Husserl i grandi epistemologi
hanno investigato uno fra i più
grandi e, nel contempo, fra i più affascinanti
misteri che avvolgono da sempre
l’Essere Umano, quello cioè relativo alla
ricerca della Verità. Già questo primo termine
richiede una breve analisi che ci
permetta di non scadere, come spesso
succede, in un suo utilizzo vuoto o scontato.
Che cosa è, quindi ed innanzitutto,
la Verità? Il termine di Verità corrisponde
a qualche cosa, un’entità, che possiede in
misura totale ed in modo incontestabile
le caratteristiche proprie del suo essere e
della sua natura. Già Plotino (203–270
d.C.), abbracciando la tesi teologica e
metafisica, sosteneva quanto segue: «La
Verità Vera non è in accordo con un’altra
cosa ma in accordo con se stessa: essa
non enuncia nulla fuori di sé, ma enuncia
ciò che essa stessa è.» (Enneadi, V,5) La
Verità non é quindi un valore relativo a
qualcos’altro, commerciabile o scambiabile,
ma assume una connotazione di valore assoluto, non coordinato né coordinabile
con altri valori. Essa é in Sé. Il
problema sorge laddove, mentre talune
correnti definiscono la Verità come un
fattore esterno al soggetto, forzando così
quest’ultimo a seguire percorsi conoscitivi
sorretti dalla ragione e dall’intelletto,
talaltra la considera come fattore interno,
intrinseco al soggetto, di cui quest’ultimo
rappresenta – anche a sua insaputa – un
perfetto isomorfismo e per il quale il meccanismo
dell’intuizione aprirebbe le porte
all’evidenza. Come vedremo in seguito, il
concetto di Verità più aderente al pensiero
massonico sembrerebbe corrispondere
alla seconda prospettiva, ovvero
quella che concepisce la verità come un
fattore interno al soggetto. Lo vedremo
soprattutto nella distinzione tra la via
mistica a la via iniziatica, in riferimento
soprattutto al fatto che, mentre nel misticismo
l’individuo é passivo, ricevente,
nella via iniziatica egli é parte attiva e
partecipante al processo di assorbimento
della verità. In tal senso, il metodo che
permette all’Essere di avvicinarsi alla
Verità sembrerebbe allora risiedere in un
atteggiamento contemplativo, sorretto
dalla sospensione di giudizio ed immerso
nello stupore (epoché), in quanto vettore
capace di rendere possibile alle cose
stesse di manifestarsi nella loro essenza.
Secondo E. Husserl (1859-1938), padre
fondatore della fenomenologia, quando
l’epoché è stata effettuata, la Verità corrisponde
alla stessa Evidenza con cui gli
oggetti fenomenologici si presentano
all’essere, siano essi degli oggetti teoretici,
etici o morali, prospettiva questa fortemente
presente nell’attitudine massonica.
In modo generale e senza volermi dilungare
nell’acribia della disamina, due
sembrano essere i piani su cui viene definita
la Verità: il primo è quello relativo
ai dati del mondo, agli oggetti che preesistono,
al Principio supremo e al conseguente
Ordine perfetto delle cose
(verità in sé); il secondo, quello dell’Essere
umano, concepito come una struttura
complessa nel suo divenire, alla
quale è data la possibilità, sin dagli inizi,
di far corrispondere in modo isomorfo le
sue leggi interne ed il suo funzionamento
generale al Principio Generatore,
ciò che corrisponde al G.A.D.U. (verità
per il Soggetto). L’Essere, in altri termini,
è dotato, a partire dalla sua nascita, di
potenzialità, di competenze, di strumenti
che, una volta sviluppati nell’ontogenesi,
lo possono mettere in condizione
che gli venga rivelata la sua appartenenza
al principio cosmico e perfetto.
Tutto dipende dal grado di consapevolezza
e di coscienza che, per un motivo
o per l’altro, sarà in grado di sviluppare
nel corso della sua vita. Anche l’intuizione
o – più semplicemente – la capacità
di accorgersi dei fatti del mondo in
virtù dello stupore fenomenologico sono
elementi che crescono con l’esperienza,
subiscono delle modificazioni e soggiacciono
alle leggi dell’apprendimento,
della crescita personale e coscienziale.
Tra le molteplici definizioni che la distinguono,
proporrei di abbracciarne una
particolarmente aderente al nostro
lavoro massonico ed al metodo che contraddistingue
il nostro modo di vedere e
di percepire le cose. In tal senso, propongo
di intendere il termine Verità con
quella che sembra essere la sua connotazione
fondamentale, ovvero quella di
Rivelazione o Disvelamento.
Continuum evolutivo
Parallelamente alle definizioni di Verità
appena esaminate, esistono di conseguenza
due grandi interpretazioni del
concetto di conoscenza o di percorsi volti
alla scoperta della verità. Da una parte
troviamo correnti che mettono l’accento
sull’aspetto razionale, oggettivo, mirato
soprattutto alla scoperta di enti o di
oggetti che devono essere analizzati,
descritti, spiegati e riprodotti. Dall’altra,
ci sono buone ragioni per supporre l’esistenza
di una forma di conoscenza più
soggettiva, interiore, intuitiva, che mira a
far apparire oggetti o enti che sono già lì,
con i quali l’essere umano si accorda o che
richiama, attraverso lo stupore e la contemplazione,
come un musicista
richiama, eseguendolo, il brano musicale
ogni qualvolta lo desideri e a seconda del
suo grado di consapevolezza. Ancora una
volta, viene riproposta qui la dicotomia
tra la corrente Aristotelica e quella Platonica.
Per l’Ordine Massonico potrebbe essere
altrettanto illustrativo immaginare che la
conoscenza, come l’architettura e l’arte del costruire, implica la costante interrelazione
tra due componenti fondamentali:
da una parte, la costruzione interiore,
la ricerca della verità dentro di sé, la capacità
di tracciare percorsi di Verità a partire
dall’Iniziazione e dal desiderio di trasformazione
di se stessi e, dall’altra, la costruzione
vera e propria, ovvero la messa in
opera, costituita da materiali che, attraverso
la loro manipolazione e l’applicazione
di tecniche, assumono significati
simbolici che subito rimandano alla cosa
rappresentata. In tal senso, mentre la
seconda componente sembrerebbe
appartenere al terreno del Sapere, la
prima si ascriverebbe nell’ambito più universale
della Conoscenza. O, ancora, come
vedremo in seguito, é possibile sostenere
che mentre la circolazione del Sapere ed
il reciproco arricchimento che ne deriva,
é pertinente alle fasi dello sviluppo dell’essere
che lo pongono ancora in una
posizione subpersonale e, quindi, egoica e
legata al particolare, i percorsi di avvicinamento
alla Conoscenza sono regolati
piuttosto dalla posizione transpersonale,
ovvero quella che offre al Soggetto una
visione Universale della vita ed una comprensione
di appartenere ad un contesto
che trascende i confini del corpo e della
mente. Va da sé che il tutto possa e debba
essere concepito in modo dinamico, all’interno
di un continuum evolutivo a cui corrispondono,
in modo progressivo, sia le
varie fasi di consapevolezza dell’essere sia,
in virtù di un movimento stadiale cosiddetto
a spirale, le rispettive fasi di crisi e
la maturazione interiore da cui il più delle
volte essa deriva.
Questo continuum evolutivo - che é
anche quello che segna il passaggio dal
sapere alla conoscenza - non può che
costituire la chiave di volta che ci permette
di interrogare il Soggetto nel suo
divenire e, soprattutto, nella qualità che
dovrebbe prioritariamente essergli
richiesta e di cui essere dotato affinché
egli possa accedere alla porta del Tempio.
Troppa Luce acceca
Questo brevissimo excursus storico-filosofico
sulla psicologia, nella qualità di
Fratelli Massoni, non può che stimolare
ad una riflessione relativa alle qualificazioni
richieste al bussante prima della
sua entrata in tempio. Come anticipato
nell’introduzione, non si tratta di valutare
né l’intelligenza né la portata del
desiderio di autoaffermazione né, ancor
meno, di potere. Si tratta di indagare a
fondo sul sistema di valori personali del
bussante, ma soprattutto sui suoi
momenti di crisi che, come abbiamo
visto, é spesso fonte di progresso personale
e coscienziale. Vi é un momento
nella vita di tutti noi in occasione del
quale, per motivi diversi, entriamo in crisi
con noi stessi, con il mondo, con i valori,
con la nostra stessa spiritualità. Spesso
la sofferenza e la malattia dell’anima
sono all’origine di tale senso di smarrimento.
L’importante é saper valutare la
nostra capacità introspettiva, il coraggio
di saper entrare dentro e verso noi stessi
alla scoperta del nostro centro, nella speranza
che questo possa essere il riflesso
di un centro cosmico ed universale che ci
determina e di cui facciamo parte. Vi
sono persone che non sono ancora
pronte per questo passo ma che credono
di poterlo fare per pura proiezione egoica
o realizzativa o per instabilità e desiderio
di cambiamento a tutti i costi, ma senza
essere disposti a spogliarsi degli orpelli
della vita profana: una loro entrata in
Massoneria farebbe male certamente
all’Ordine, ma farebbe soprattutto male
al soggetto che ne fa richiesta, poiché
costretto a mentire a se stesso allorquando
il suo profondo convincimento
dovesse venir meno.
In riferimento al mito della caverna di
Platone, é bene forse ricordarsi in particolare
di un insegnamento che, fra i tanti
fornitici dal racconto, sembrerebbe molto
aderente a quanto qui espresso: una luce
ricevuta senza dovuta preparazione
spesso abbaglia o acceca. In qualche altra
occasione induce a derisione. In tutti i
modi produce sofferenza in chi non é preparato
al percorso iniziatico ed al lavoro
di introspezione che questo presuppone.
Ouroboros: «Una Via, o sentiero, comporta
un grande impegno ed un’ampia
disponibilità di cuore e di mente.»
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