Tema
L’antimassonismo fascista
L'antimassoneria di stampo fascista in
Italia fu il risultato della convergenza di
due posizioni diverse: l'antimassonismo
mussoliniano, già presente nella corrente
massimalista del Partito socialista,
e l'antimassonismo nazionalista. Il Partito
nazionalista fin dalle sue origini
pose alla base della sua azione politica
la lotta alla Massoneria. Nel primo congresso
del Partito la proposta d'incompatibilità
tra Massoneria e Nazionalismo
venne approvata per acclamazione.
Attraverso la rivista "L'Idea Nazionale",
nel 1912 venne condotta una sistematica
campagna di diffamazione contro
le obbedienze massoniche allora esistenti
in Italia.
Marco Novarino, membro del GOI (Revista massonica svizzera
novembre 2009)
Partendo dai succitati presupposti, non
stupisce che Mussolini, nel 1923,
facesse dichiarare dal Gran Consiglio l'incompatibilità
tra Partito nazionale fascista
e Massoneria. Da quel momento si
scatenò la violenza contro i Massoni e i
loro Templi. Il giornale "Cremona Nuova",
organo di stampa di Farinacci, sollecitò lo
Stato a entrare in possesso dei nomi dei
Massoni per "fucilarli in massa, come traditori
della patria" e a Firenze il Direttorio
del Fascio pubblicò un manifesto in cui si
proclamava: "Da oggi in poi, né i Massoni
né la Massoneria devono rimanere anche
un solo attimo liberi dalla persecuzione. Si
devono annientare, senza misericordia, i
Massoni, i loro beni, i loro interessi. Essi
devono venir cacciati via dai pubblici
impieghi... Nessuno deve restare escluso.
Bravi cittadini devono schivare ogni Massone.
Sotto il peso della nostra forza, essi
devono venir isolati, come lebbrosi; noi
dichiariamo guerra a questa associazione
di codardi e vogliamo fare il nostro dovere,
liberare finalmente l'Italia da questi acerrimi
nemici". Alla campagna stampa fece
seguito la distruzione delle sedi massoniche
di Torino, Pistoia, Lucca, Livorno,
Siena, Firenze, Bari e Ancona. A Venezia
gli arredi sequestrati alle Logge vennero
esposti nella Casa del Fascio e il 7 agosto
e il 13 settembre 1924 a Roma furono
compiuti due tentativi di assaltare la sede
del Grande Oriente a Palazzo Giustiniani.
La sede della Gran Loggia di Piazza del
Gesù venne completamente distrutta l'11
ottobre 1925, mentre una settimana
prima a Firenze gli squadristi della Legione
Tullio Tamburini uccidevano i Massoni
Giovanni Becciolini, Gaetano Pilati e
Gustavo Console. In questo clima persecutorio
venne approvata nel maggio
1925, con 239 voti a favore e 4 contrari,
la famosa legge Sulla disciplina di associazioni,
enti e istituti e sull'appartenenza
ai medesimi del personale dipendente
dallo Stato, che seppur mai citando la
Massoneria era stata espressamente
varata per metterla fuorilegge. Il Senato
approvò a sua volta la legge il 20 novembre
che venne pubblicata sulla "Gazzetta
Ufficiale" il 26 novembre 1925. La stesura
del testo venne preceduta dal lavoro di
una Commissione di studio, denominata
dei Quindici, specificamente dedicata alla
storia e all'opera della Massoneria. La
commissione, presieduta dal senatore
Giovanni Gentile, giunse alle conclusioni
che la Massoneria era portatrice di una
mentalità straniera, che il segreto massonico
corrompeva il costume e i caratteri
degli italiani disposti "naturalmente alla
franchezza e sincerità"; che l'anticlericalismo
massonico era "meschino, fazioso e
antiquato" e ostacolava l'avvicinamento
tra l'Italia e la Chiesa cattolica e dietro
l'istituzione massonica si nascondeva una
specie di "organizzazione camorristica di
difesa di interessi puramente privati".
Per evitare inutili spargimenti di sangue e
ulteriori violenze, il 22 novembre 1925 il
Gran Maestro del GOI, Domizio Torrigiani,
ordinò l'autodissoluzione delle Logge italiane
della sua obbedienza e la "Rivista
Massonica", dopo 54 anni di vita regolare,
cessò le pubblicazioni. La persecuzione
antimassonica proseguì per tutto il periodo
della dittatura, tanto che Mussolini, rivolgendosi
a un gruppo di federali, disse: "I
Massoni che sono in sonno potrebbero
risvegliarsi. Eliminandoli si è sicuri che dormiranno
per sempre." Il Gran Maestro Torrigiani
venne mandato al confino e molti
Massoni intrapresero la via dell'esilio pur di
non sottostare agli arbitrii e soprusi fascisti.
Il nazismo in Germania
Tutti i regimi fascisti perseguitarono la
Massoneria. In Germania, nel 1933, il
nazismo appena giunto al potere promulgava
una legge che definiva l'Ordine
Libero-muratorio "organizzazione
nemica del popolo e dello stato" confiscandone
i beni e inviando i Massoni nei
campi di concentramento. Testo fondamentale,
per giustificare le repressioni
antisemite e antimassoniche, furono i
famosi "Protocolli dei Savi Anziani di Sion". Pubblicati nel 1903 e propagandati
dalla polizia segreta zarista "Ochrana"
come programma di una organizzazione
ebraico-massonica (stilato durante il
Congresso sionistico di Basilea del 1897),
risultarono negli anni seguenti un falso
clamoroso. Furono creati appositamente
per trovare un pretesto ai pogrom e giustificare
la lotta agli Ebrei e ai Massoni,
quest'ultimi definiti come "mezzo dei
giudei per appropriarsi delle leve
del potere". Le tesi principali dei
"Protocolli" collimano con il pensiero
reazionario-cattolico di fine
Ottocento secondo cui tutti i
movimenti politici e ideologici e
gli avvenimenti da essi provocati,
dalla Rivoluzione francese in
avanti, furono creati e guidati da
una organizzazione ebraico-massonica.
La nascita e l'affermazione
di concetti, come la democrazia, e
di ideologie, come il liberalismo e
il marxismo, sarebbero state, se
non condivise, appoggiate e strumentalizzate
da questo organismo
segreto che avrebbe puntato alla
sovversione, al controllo della
stampa e, per ultimo, della finanza
mondiale con il fine di assumere la
direzione della storia e creare una
società autocratica dove tutti i
posti di comando fossero in mano
a Ebrei e Massoni. Il falso, che era
stato così ben accolto negli
ambienti antisemiti e antimassonici,
venne sensazionalmente
smascherato nel 1921. Casualmente
un giornalista inglese, Philip
Graves, corrispondente del "Times" da
Costantinopoli, venne in possesso di un
opuscolo che faceva parte della biblioteca
di un ex-agente dell'"Ochrana". Pur
non conoscendone l'autore, dato che
mancavano le prime pagine, il giornalista
riscontrò immediatamente una straordinaria
rassomiglianza con il contenuto dei
"Protocolli". Tramite ricerche presso il
British Museum scoprì che erano i "Dialogues
aux enfers" scritti dall'avvocato
parigino Maurice Joly e pubblicati nel
1864. L'opera, che non conteneva nessun
accenno alla questione ebraica e alla
Massoneria, era una satira contro il
governo autocratico e le ambizioni di
Napoleone III. La satira si svolgeva sotto
forma di un colloquio immaginario tra
Montesquieu e Machiavelli. Il primo,
difendendo il liberalismo, anteponeva la
morale e il diritto come cardini fondamentali
della politica; il secondo, identificato
come Napoleone III, sosteneva che
la debole democrazia doveva essere sostituita
da un potere assoluto, sorretto dall'esercito,
che controllasse i gangli vitali
della società, dal potere legislativo a
quello giudiziario, dalle Università ai
mezzi d'informazione. L'estensore del
falso, sulla traccia della satira di Maurice
Joly, fu il capo dell'"Ochrana" a Parigi,
Peter Ivanovic Ratschkovskj. Tralasciando
completamente le pacate considerazioni
di Montesquieu, la politica di Machiavelli,
alias Napoleone III, divenne il programma
dei "giudeomassoni per la conquista del
mondo tramite la sovversione". Malgrado
gli articoli pubblicati dal "Times" nel 1921
da Graves, dove si affermava senza ombra
di dubbio che i "Protocolli" erano un plagio
e si smentiva, date alla mano, la
rocambolesca storia della stesura, il
libello antisemita fu ripubblicato in tutto
il mondo diffondendo la perniciosa propaganda
antiebraica-massonica. L'identificazione
tra Ebrei e Massoni fu totale.
Per Hitler e i suoi gerarchi erano due
gruppi inseparabili che dovevano sottostare
alle stesse leggi persecutorie che
culminarono con la follia della "soluzione
finale". Nel 1942 Goering, nella
sua qualità di Reichsmarschall,
dichiarava che la lotta contro gli
Ebrei e i Massoni era un compito
del nazionalsocialismo, tesi ribadita
nell'ultimo anno di guerra
nel programma di addestramento
delle SS secondo cui "le
dottrine e i sistemi educativi
della Massoneria, con la sua simbologia
eterogenea e la sua
ritualità di stampo giudaico,
erano in contrasto con l'orientamento
del popolo tedesco, conforme
ai principi fondamentali
del nazionalsocialismo. Divenne
quindi necessario annientare
l'organizzazione massonica in
Germania e bloccare le sue possibilità
di esercitare influenze".
Questa aberrante teoria del
"Complotto comunista-giudeomassonico",
comun denominatore
dei movimenti fascisti, fu
fatta propria dal movimento
filo-fascista "La Legione dell'Arcangelo
Gabriele" che, attraverso
il suo braccio armato "Le
guardie di ferro", capeggiate da
Corneliu Codreanu, scatenò una caccia
spietata al Massone con durezza e modalità
già usate in Italia e Germania. La
chiusura delle logge, gli arresti arbitrari,
l'esposizione al pubblico di una Loggia di
Bucarest con visite guidate in cui si deridevano
gli ornamenti rituali e si attribuivano
all'Ordine i più nefandi delitti (simile
alle nostrane "Mostre della rivoluzione
fascista" o alla Loggia ricostruita come
spauracchio nell'Archivio Nazionale di
Salamanca in Spagna) non piegarono la
volontà dei Massoni romeni che continuarono
a riunirsi clandestinamente in
appartamenti privati.
La Spagna di Franco
In Spagna la repressione anti-massonica,
iniziata immediatamente dopo la sollevazione
del 19 luglio 1936 che scatenò una
sanguinosa guerra civile, fu direttamente
ispirata dal generale Franco che provava
nei confronti della Liberomuratoria una
vera e propria fobia. Al grido di "No pasarán!
Non passerà il marxismo, non passerà
la massoneria" iniziava "la crociata contro
la politica, il marxismo, la massoneria"
come proclamava il giornale falangista
"Arriba". Si instaurò un clima d'intolleranza
nel quale maturarono, come atto
estremo, esecuzioni sommarie che si
estesero man mano che i nazionalisti
conquistavano nuovi territori coinvolgendo
non solo Massoni autentici, ma
quanti venivano indicati come tali. Essere
Libero Muratore significava la condanna
a morte senza processo né appello: 30 a
Salamanca, 30 a Zaragoza, 15 a Logroño,
7 a Burgos, 17 a Ceuta, 24 ad Algeciras,
30 a Valladolid e a Malaga. Per 80 Massoni,
l'esecuzione avvenne con la "vil garrote"
che fu orrendamente usata fino al
1973. Questo isterismo non colpì solamente
i vivi ma si abbatté sui morti con
profanazione di tombe di Massoni, tanto
che, nel 1938, un decreto impose la
distruzione dei simboli massonici nei
cimiteri e furono fatte esumare le spoglie
mortali del duca di Wharton, fondatore
della prima Loggia spagnola nel
1728, perché poste in terra consacrata.
Tale atteggiamento, per molti
versi psicopatologico, fu una
costante prioritaria nella quarantennale
carriera dittatoriale confermata
nell'ultimo discorso pubblico,
il 10 ottobre 1975, dove si ribadì che
contro la Spagna tramava una
"cospirazione massonico-izquerdista
(di estrema sinistra)". Il complotto
era quasi sempre associato a
quello "giudeocomunista" ed era
usato per coagulare tutte le forze
favorevoli al regime riprendendo
teorie fondamentali del pensiero
tradizionalista spagnolo che identificava,
negli Ebrei prima e nei Massoni
poi, in tempi recenti, l'origine
dei mali della Spagna, come la decadenza
storica con la perdita delle colonie
e la degenerazione politica con l'instaurazione
della Repubblica. Francisco
Franco condensò tutto il suo pensiero
antimassonico in una serie di articoli pubblicati
sul quotidiano falangista "Arriba",
raccolti successivamente in un volume
dal titolo Massoneria pubblicato con lo
pseudonimo di "Boor". L'influenza diretta
di Franco si avvertì anche in campo giuridico
con la legge del 1° marzo 1940 definita
"Legge per la repressione della massoneria,
comunismo e altre società clandestine
che seminano idee disgregatrici
contro la religione, la patria e le loro istituzioni
fondamentali e contro l'armonia
sociale". Nel prologo di questa legge si
ribadiva il concetto della Massoneria
come principale nemica della Spagna e
fautrice della sua decadenza: "Tra i molti
fattori che hanno contribuito alla decadenza
della Spagna, forse nessuno influì
tanto perniciosamente e frustrò con tanta
frequenza le salutari reazioni del popolo
e l'eroismo delle nostre armi come le
società segrete di ogni genere e le forze
internazionali di natura clandestina. Fra
le prime la Massoneria occupa il posto più
importante." Sempre nel 1940 venne istituito
il "Tribunale speciale per la repressione
della Massoneria e il Comunismo"
che operò fino al 1963 e inflisse condanne
a seconda del grado massonico raggiunto.
Alla vigilia della seconda guerra mondiale,
l'Alleanza delle Massonerie perseguitate,
fondata dal Gran Oriente d'Italia
in esilio e presieduta dal Gran Maestro
Alessandro Tedeschi, lanciava un appello
a nome dei Fratelli italiani, tedeschi, portoghesi
e spagnoli dove si affermava: "Per
evitare la sottomissione alla dittatura e
per continuare a lavorare per il trionfo dei
nostri ideali abbiamo scelto l'esilio,
lasciando nella nostra patria le persone a
noi più care, abbandonando i nostri beni,
le nostre posizioni faticosamente conquistate,
le nostre professioni, i nostri
mestieri affrontando tutte le sofferenze e
per molti di noi la miseria. Noi non
domandiamo nulla per noi. Gli interessi
dell'Istituzione prima di noi."
L’eccidio in Francia
Con l'inizio della guerra, il 1 settembre
1939, e la successiva sconfitta nel giugno
1940, la Francia veniva divisa in due: una
parte occupata e amministrata dalle
truppe naziste, l'altra denominata "Francia
libera" governata dal Generale Pétain,
feroce antimassone, coadiuvato da collaboratori
imbevuti delle idee di Maurras.
L'odio antimassonico portò allo scioglimento
delle Obbedienze francesi il 19
agosto 1940, malgrado il Gran Maestro
Groussier avesse già sospeso i lavori del
Grande Oriente. Nell'autunno dello
stesso anno, il governo petanista di
Vichy creava il "Servizio delle
Società segrete" mentre a Parigi,
nella storica sede del Grande Oriente
di rue Cadet, si installava il servizio
del controspionaggio nazista per le
questioni massoniche e veniva organizzato
un centro di documentazione
affidata allo storico antimassone
Bernard Fay. L'attivismo di Bernard
Fay, coadiuvato dall'ex-massone
Jean Marques Rivière,
portarono all'apertura di una mostra
antimassonica al Grand Palais e la
pubblicazione del mensile "Documents
Maçonniques", vera miniera
d'informazioni sulle obbedienze
massoniche europee tratte dai
documenti sequestrati dalle truppe
naziste e convogliati a Parigi. Marques
Rivière, organizzatore di una polizia antimassonica, nel 1942 produsse
il primo film antimassonico, Forze
occulte, che secondo la stampa dell'epoca
ottenne un grande successo. Il
film ispirato da Fay fu solo uno dei tasselli
importanti di una massiccia campagna
propagandistica antimassonica fatta di
conferenze, esposizioni, pubblicazioni,
tesa ad accreditare il famoso complotto
citato. L'attività antimassonica non si
limitò alla propaganda e alle mostre ma
ebbe i suoi risvolti tragici. Nel 1941 venne
costituito un servizio di polizia contro le
società segrete con il compito di stilare
elenchi di Liberi Muratori. In dieci giorni
sul "Journal Officiel" vennero pubblicati
circa 15.000 nomi di Massoni. Come conseguenza
coloro che comparvero sulla
lista furono esclusi dai pubblici impieghi
e privati del diritto elettorale. La repressione
portò alla denuncia di 60.000 Massoni
di cui 6.000 processati, 989 deportati
e 540 fucilati.
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