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Approcci adeguati in situazione di crisi

La parola crisi sembra essere la sola in grado di spiegare tutto ciò che accade di negativo in questo mondo, giustifica l’idea di qualcosa di ineluttabile che stiamo subendo e che, una volta passata, tutto si aggiusterà. Ma non è proprio così: ogni cosa ha una causa scatenante e nulla termina se non ci impegniamo per farla terminare.

Pietro Macchiarella, L.M. Il Dovere, Lugano

Il significato della parola “crisi”

Ma andiamo per gradi, qual è il significato di crisi? L’etimologia della parola ci riporta al verbo Greco Krino ovvero separare, decidere. Al contrario dell’accezione attuale certamente negativa, nella sua radice comprende sì la nozione di problema ma anche quella di superamento. La crisi è tale proprio in quanto avviene questo passaggio.

Crisi è una delle parole, oggi, più usate per delineare una situazione di malessere, sembra quasi una giustificazione. Si assiste ad una costante degenerazione degli eventi, inizialmente i problemi non sono visti, spesso sono sottovalutati a volte addirittura sottaciuti a sé stessi ed agli altri finché non si giunge ad un punto di rottura. Il percorso inizialmente è lento ma è destinato a subire un’accelerazione, si viene risucchiati in un vortice fino al culmine e poi il collasso.

La “crisi” può essere utilizzata in diversi ambiti: “crisi finanziaria”, “crisi politica”, “crisi interiore”, “crisi della coppia” etc.. Nonostante le chiare diversità di applicazione del termine, si può risalire ad una causa comune? Esiste un legame? Un punto comune generante?

Dovendo necessariamente tralasciare ogni avvenimento generato dal caso (malattie, incidenti etc..), non si può che ricercare le cause nelle azioni che le determinano e le azioni vengono compiute dalle persone. Le crisi non accadono, le crisi sono generate, ognuno di noi contribuisce a crearle. Potrebbe apparire sufficiente rivolgere la propria attenzione agli individui che agiscono e lo fanno in modo sconsiderato, piuttosto che immorale o eventualmente egoistico pensando ad una ricompensa immediata invece che al bene futuro. Individui che sono il risultato di una società superficiale, in piena crisi di valori e schiava del superfluo. Ma chi agisce appartiene normalmente alla minoranza, la maggioranza invece subisce e lo fa nascondendosi dietro alla fatalità. Ciò che avviene, non è tanto dovuto all’iniziativa dei pochi che operano, quanto all’indifferenza, all’assenteismo dei molti. “Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare”( A. Gramsci). L’indifferenza si maschera dietro la presunzione di non essere importanti, di non poter in alcun modo contribuire alla costruzione del futuro, o peggio ancora, si nasconde dietro la sicurezza di uno status quo soddisfacente. Ma la soddisfazione è effimera in quanto lo status quo deriva da necessità “create” e non realmente necessarie. Quanto detto trova facile applicazione agli aspetti di crisi legati al “vivere sociale”, dove mai come in questo periodo si avverte chiara nel mondo l’inadeguatezza –soprattutto morale- dei “pochi” che hanno in mano il timone del potere, dell’economia e della libertà. Con questo non si vuole sottintendere a nulla’altro che ad una assunzione di responsabilità ed a una consapevolezza del poter, dover “agire”. Ma queste considerazioni sono applicabili anche come cause delle crisi personali o di coppia, in quanto non si ammette un’insoddisfazione di fondo e si sgretolano le certezze, ci si continua a nascondere dietro false immagini che si forniscono agli altri ma prima di tutto a sé stessi, l’esempio più chiaro è la diffusione dei social network dove si inserisce ciò che si vuole inserire, dove l’apparente supera la realtà, compensazioni virtuali di un’insoddisfazione diffusa. E allora si perde di vista il proprio essere e chi ci sta accanto, le vere necessità, i veri bisogni. Si è passivi, si lasciano andare le cose importanti, ci si inaridisce.

Come dobbiamo comportarci di fronte ad una crisi?

Non esiste una ricetta universale per prevenire le situazioni di crisi. Una crisi, come detto, non sopraggiunge da un giorno all’altro ma a piccoli passi, lancia dei segnali sempre più frequenti, sempre più preoccupanti.

Forse il mondo è perfetto e potrebbe vivere nel suo equilibrio, ma purtroppo al mondo ci sono anche le persone, esseri tutt’altro che perfetti. Potremmo dire che il mondo va avanti nonostante noi e che la sua perfezione sta nella capacità di difendersi da noi rinnovandosi sempre. Quindi, impedire la nascita di una crisi non è possibile, anzi, forse ogni tanto una crisi serve a rigenerare, come il fuoco per la fertilità dei campi. Ma migliorare sì, quello si può, basterebbe iniziare dalle cose semplici, dal riconoscere e fare propri quei principi di uguaglianza, fratellanza, rettitudine morale e rispetto che spesso vengono dati per scontati come se fossero presenti in tutti, ma non lo sono. E non lo sono neanche per i piccoli gruppi che condividono di principio gli stessi ideali, che si impegnano per la crescita personale, come le logge. Anche tra fratelli ci possono essere delle crisi. Siamo uomini e siamo deboli, è più facile essere deboli, costa fatica essere forti.

Il modo migliore di prevenire una crisi è semplicemente quello di accettare l’idea che prima o poi una crisi arriverà, ed essere pronti con tutte le nostre forze ad intervenire per dare il nostro contributo. Quando si affronta una crisi “il problema primo, base di ogni altro, è di carattere interno: rialzarsi, risorgere interiormente, darsi una forma, creare in sé stessi un ordine ed una dirittura” (Julius Evola). Ogni tanto la vita ci colpisce alla testa con un mattone, capita a tutti. “Il dolore è il megafono di Dio che risveglia un mondo sordo. Noi siamo come blocchi di pietra da cui lo scultore ricava le forme degli uomini. I colpi del suo scalpello, così dolorosi sono ciò che ci rende perfetti” (C. S. Lewis). Il dolore, quindi, è lo scalpello che ci aiuta a raggiungere la perfezione. Non si dimentichi che ognuno di noi ha il suo scalpello e gli strumenti per migliorarsi. Non bisogna perdere la fiducia, anzi è necessario ritrovare in sé stessi la giusta strada da seguire e lo si può fare solo ricorrendo ai punti fermi dell’essere ed al proprio cuore. Riprendere il percorso, ritrovare l’equilibrio. Riappropriarsi della visione oggettiva delle cose, laddove fosse sfocata. Correggere gli errori o le debolezze. Permettere alle idee di fluire. In breve ripartire dalle fondamenta del proprio tempio andando a rinsaldare i punti che hanno ceduto, rinforzare la base, mettere in sicurezza il cantiere e continuare a costruire seguendo il percorso verso la pietra cubica. Nel momento in cui si sarà fatto questo si potrà applicare gli stessi strumenti al mondo profano per dare il proprio contributo al nuovo inizio. E’ quasi come su un aereo in difficoltà con carenza di ossigeno, prima di aiutare gli altri ad infilarsi la mascherina, dovremo averla indossata noi. E’ uno dei primi insegnamenti: essere sempre nelle condizioni di aiutare gli altri.

A questo punto si scopre che la vera prevenzione di una crisi è la forza che si acquisisce dall’averla superata e dall’essersi migliorati. Il nostro spirito si deve sbarazzare da tutti gli errori del passato, con la consapevolezza e l’umiltà che altri errori saranno commessi, ma la nostra coscienza si affinerà per resistere sempre di più al richiamo delle debolezze.

Nel superamento di una crisi, perché una crisi non passa da sola ma va affrontata e superata, si ha un’occasione straordinaria: quella di ricominciare. La quiete dopo la tempesta, siamo ancora in piedi e l’aria è meravigliosamente pulita, sta a noi mantenerla tale.

 

Alpina