Tema
GADU: dogma o libera
interpretazione?
La risposta alla domanda, oggetto della presente riflessione, è, a nostro avviso, articolata e non può ridursi a una semplice scelta esclusiva. Si potrebbe rispondere che il GADU è un po’ l’uno e un po’ l’altra: In che senso? Vediamo di capirlo.
Luca, Sandro, Floriano e Filippo, Loggia Brenno Bertoni, Oriente di Lugano.
La complessità del
problema.
Su quale argomento l’uomo
ha discusso e indagato di più che sulla figura di Dio? E su
quale argomento ha scoperto e concluso di meno? Dio non è solo
materia da teologi o filosofi, è motivo di riflessione per tutti
noi. Chi nella vita prima o poi non si è posto il problema di
Dio? Il tema è di una complessità tale da scoraggiare la ricerca
anche del più agguerrito e tenace dei pensatori. Eppure, se è
difficile trovare una risposta, è ancor più difficile riuscire a
rinunciare a trovarla. E’ così che l’uomo dalla sua comparsa
sulla terra si dibatte sul problema di Dio, senza arrivare a
soluzioni sicure e convincenti. Molti per fede (o per
rassegnazione) accettano le risposte che le varie religioni
propongono. Se ci si colloca nella prospettiva religiosa,
infatti, troviamo tutte le risposte che cerchiamo. Non solo
riceviamo la conferma dell’esistenza di Dio,ma addirittura ne
abbiamo un profilo. Ogni religione, quale più quale meno, ci
dice chi è Dio, cosa bisogna fare per obbedire ai suoi precetti,
quindi come ci si deve comportare. Se si accetta la Verità
rivelata, tutto diventa chiaro e finalmente trovano risposta i
grandi interrogatovi esistenziali dell’uomo: chi siamo, da dove
veniamo, dove siamo destinati ad andare, se avremo un premio o
un castigo eterno, cosa possiamo fare e cosa non possiamo fare.
Posto che la ragione umana, dati i suoi limiti, non è in grado
di dimostrare l’esistenza di Dio e tanto meno la sua natura,
all’uomo non resta che accettare le risposte della fede
L’alternativa è quella di vivere rassegnandosi a non sapere
perché si è al mondo: ci sono e tanto basta, forse un giorno
scoprirò la verità. Tra la fede del credente e i dubbi
dell’agnostico, pare non si possa avere una terza posizione.
Forse il pensiero massonico cerca di individuare un percorso
intermedio, che riesca a far raggiungere a chi si colloca in
questo solco la serenità del credente, senza perdere di vista le
riserve dell’agnostico. Il cammino massonico è irto di
difficoltà, ma nel suo procedere è lineare. Riprendendo il
pensiero deista di illuministica memoria, il massone concepisce
il Divino come un’entità reale ma in conoscibile. Riconosce
quindi l’esistenza di Dio, ma non lo identifica con alcuna delle
figure di Dio delle religioni rivelate. E’ convinto che Dio
esiste, ma è altrettanto convinto che non si sia mai rivelato,
non sia mai sceso sulla terra, non si sia mai fatto uomo, quindi
non è disposto a far coincidere la sua immagine di Dio con il
Dio dei cristiani o dei musulmani o degli induisti o di alcuna
altra religione. Fin qui, niente di nuovo o di originale.
Qualcuno osserverà che si tratta di una posizione già degli
illuministi e in generale dei deisti. Vediamo allora di mettere
meglio a fuoco la peculiarità massonica. L’originalità del
pensiero massonico non sta quindi tanto nella concezione di Dio
e neppure nella sua caratterizzazione come Grande Architetto
Dell’Universo, immagine analoga a quella del demiurgo platonico,
grande artefice del cosmo. L’essenza più profonda e più
esclusivamente massonica sta nel percorso di avvicinamento a
Dio. Quanto alla sua immagine, la simbologia del triangolo
richiama alla lontana la concezione trinitaria del Dio
cristiano, ma può evocare anche la perfezione pitagorica
connessa al numero tre, che si esplica nella piramide della
tetraktys, costituita da 10 punti collegati tra loro a formare
un triangolo equilatero, a sua volta costituito da nove
triangoli equilateri (anche il 9 non è un numero casuale, è il 3
che moltiplica se stesso, quindi la perfezione della
perfezione). Si potrebbe andare avanti su questo terreno e
scopriremmo forse sorprendenti analogie tra il GADU massonico e
concezioni del Divino già elaborate nell’antichità. Si potrebbe
anche indagare sulla simbologia del tre e approfondire il tema
delle tre dimensioni in cui si esplica il potere di Dio, ma
preferiamo condurre la riflessione in altre direzioni, più
marcatamente massoniche. Più della mèta, sulla quale peraltro si
potrebbero avanzare solo congetture, ci sembra interessante il
percorso per raggiungerla. Su questo punto il pensiero massonico
è veramente illuminante. Quindi in questa breve riflessione non
ci occuperemo tanto della caratterizzazione del GADU, quanto
piuttosto della sua ricerca, non tanto del chi è ma del come ci
si arriva.
La ricerca del
GADU: i due cardini del credo massonico.
Nella visione massonica, il
GADU è il principio generatore del creato. Non trattandosi di un
Dio che si è rivelato per mezzo di profeti o scritture, sta al
credente declinarne gli insegnamenti e la dottrina egli ci
invia, molto spesso in forma di simboli. Partiamo dal carattere
del GADU come Architetto e domandiamoci (è una domanda antica
come l’uomo) perché ha costruito l’Universo, scartata la sua
formazione per pura casualità, in quanto tale meccanismo
escluderebbe in partenza l’intervento del GADU. Se facessimo
nostra questa ipotesi, arriveremmo all’inevitabile conclusione
che la Natura si è autogenerata e finiremmo quindi per
identificare la Natura con Dio, giungendo al panteismo, che
confina con l’ateismo. Non a caso i non credenti scrivono
solitamente la parola natura con la ‘N’ maiuscola. Poniamo come
ipotesi di lavoro, ma più propriamente come atto di fede,
l’esistenza di un Creatore universale, cui diamo il nome di
GADU. Se non ha creato il mondo per caso o per capriccio,
dobbiamo concludere che la creazione sia stata un atto
intenzionale, anche se non dovuto: Dio poteva anche non creare
l’universo, l’ha voluto creare. Questa concezione, del resto, è
quella propria del cristianesimo. Ma qui veniamo al punto
centrale della riflessione. Se l’ha voluto creare, perché l’ha
fatto? La risposta che ci piace di più (non sappiamo se sia
quella giusta, ma è quella più ricca di conseguenze positive) è
per compiere un atto d’amore. Anche su questo punto siamo in
piena sintonia con la visione cristiana. Aggiungiamo ora
un’altra considerazione, che forse ci allontana alquanto
dall’interpretazione religiosa tradizionale. Dio ha dotato
l’uomo dell’uso della ragione. Si tratta di una strumento
imperfetto, potremmo quasi dire di un’arma a doppio taglio,
capace di farci intuire delle verità, di farci avvertire il
bisogno di sapere, ma non sempre in grado di soddisfare tale
bisogno. Pur nella sua limitatezza e fallibilità, la ragione è
l’unico strumento che possediamo per indagare sulla realtà che
ci circonda. Grazie alla ragione, abbiamo fatto nella storia
passi da gigante, anche se il cammino del sapere è ancora lungo,
forse infinito. L’indicazione che possiamo trarre da queste
considerazioni preliminari è che se Dio ci ama e ci ha dotati di
un determinato strumento di indagine, visto che è onnipotente e
tutte le scelte erano a sua disposizione, ne dobbiamo dedurre
che abbia operato la scelta migliore e, stante il fatto che ci
vuol bene, più utile a noi. Quindi siamo tenuti a servirci di
questo strumento e a credere in ciò che ci consente di scoprire,
altrimenti dovremmo concludere che Dio ci ha ingannati,
dotandoci di uno strumento fallace. Il massone condivide questo
percorso e utilizza in primis lo strumento della ragione, sia
nella dimensione collettiva della seduta di loggia e del
confronto di posizioni, sia nella dimensione individuale della
riflessione personale.
La componente razionale non
è tutto però. Esiste anche il piano morale. Non avendo ricevuto
la parola diretta del GADU, che nella concezione massonica non
si è mai manifestato all’uomo, partendo dal presupposto che la
creazione sia stato un atto d’amore, il ‘fedele’ deve cercare di
coltivare al massimo grado questo valore. E come? Strutturando e
rispettando un codice morale che regoli i suoi rapporti con Dio,
gli altri suoi simili e se stesso. Riflessione ed eticità
risultano perciò essere i due cardini del credo massonico,
elementi indissolubili della sua ricerca interiore, potremmo
dire due facce della stessa medaglia.
Il valore del
simbolo.
Il percorso di ricerca
quindi si configura come un ascendere verso gradi di perfezione
sempre più elevati, pur nella consapevolezza che la perfezione
assoluta è irraggiungibile. L’ascesa pertanto è una linea di
tendenza pur non avendo una mèta raggiungibile. Il metodo di
ricerca massonico esalta il valore del simbolo. Anche questa non
è una novità in senso assoluto, se pensiamo che la religione
tradizionale e il mondo delle credenze medioevali sono ricchi di
simboli. Si può individuare nel simbolo un efficace strumento di
rappresentazione o meglio di intuizione di verità
particolarmente profonde e complesse: ciò che la ragione stenta
a recepire, il simbolo riesce a rappresentarlo con la
folgorazione dell’intuizione e la suggestione della metafora. Si
è già accennato alla simbologia del triangolo con cui viene
rappresentato il GADU, ma si può individuare anche nel compasso,
che figura tra i primi strumenti della simbologia muratoria, il
valore della perfezione cui tende la ricerca interiore
massonica. Una perfezione irraggiungibile, com’è irraggiungibile
la misurazione esatta del cerchio e di tutte le figure
geometriche piane e solide che ne derivano. In tutte è presente
la costante π, che è un numero infinito.
La simbologia accompagna tutti i rituali massonici, al punto da
costituirne l’elemento qualificante, anche agli occhi dei
profani. La riservatezza delle sedute di loggia, che avvengono a
porte chiuse e sotto vigilanza, ma soprattutto i contenuti della
ricerca e del confronto costruttivo tra varie posizioni,
costituiscono l’apparato esoterico della massoneria, a volte
equivocata per una setta di cospiratori o di praticanti
dell’occultismo. Niente di tutto questo, anche se non si può
negare che il clima di riservatezza che circonda le sedute di
loggia può apparire un clima in cui si tramano oscuri disegni.
Semmai è vero il contrario. I fratelli, proprio in nome di
quella eticità cui si è appena accennato, perseguono il bene
spirituale e materiale, proprio e altrui. L’apertura al mondo
esterno è un dato innegabile, anche se viene privilegiata la
comunicazione e la solidarietà all’interno della grande famiglia
massonica. Quindi, concludendo, il percorso di perfezionamento
interiore, che tende al raggiungimento del bene per sé e per gli
altri, è parte integrante dell’agire massonico, ispirato alla
somma bontà e perfezione, proprie del GADU, il grande artefice
del mondo, sconosciuto e inconoscibile, ma vivo e presente nelle
coscienze di coloro che cercano di raggiungerlo. Il GADU
pertanto, pur nella sua impenetrabilità, è motore di ricerca del
bene: non sappiamo chi è, ma sappiamo che c’è, anche se la
nostra certezza sulla sua esistenza è di tipo prettamente
dogmatico e non oggetto di possibili dimostrazioni filosofiche o
scientifiche. Concludendo e tornando alla domanda iniziale, si
potrebbe dire: è un dogma l’esistenza di Dio, è libera
interpretazione la sua natura.
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