Dossier
Massoneria e letteratura
umoristica
Una quota importante della letteratura di intrattenimento è senz’altro rappresentata dal
genere comico ed umoristico. Il suo obiettivo è quello di farci ridere. Tuttavia è auspicabile
distinguere testi che hanno lo scopo di suscitare nel lettore una semplice risata che
si esaurisce nella battuta da quelli che invece mirano, attraverso lo scherzo, a innescare
nel lettore una riflessione più profonda.
Credo che sia quest’ultima la letteratura umoristica
che dovrebbe avere la precedenza in massoneria.
Nel linguaggio comune il termine «umorismo» è
spesso usato impropriamente come sinonimo di comicità
e giovialità: si dice che chi «ha senso dell’umorismo» è
spiritoso e scherzoso, fa ridere e accetta gli scherzi. Chi ne
è sprovvisto è invece serioso e spesso permaloso e incapace
di cogliere situazioni divertenti e comiche. Tuttavia
è bene sottolineare che non tutto ciò che è ilare o che
suscita le nostre risa è umoristico. È necessario distinguere
una comicità fine a sé stessa da un umorismo arguto.
La comicità si propone come obiettivo di provocare
una risata per puro divertimento, l’arguzia si situa ad un
livello superiore perché mira ad un piacere intellettuale.
Analogamente l’umorismo e la satira sono strumenti
che servono per aprirci gli occhi e riflettere su alcuni
aspetti della realtà che sovente vengono ingiustamente
dimenticati. Un maestro della letteratura italiana che si
distinse per l’impiego calibrato di tale ausilio è Luigi Pirandello
che oltre ad aver studiato i meccanismi del riso
utilizzò l’umorismo e l’arguzia per descrivere cosa si nasconde
dietro le apparenze dei comportamenti dell’uomo.
In questo senso l’umorismo, al di là dell’apparenza
del divertimento, lascia intravvedere una dimensione a
volte triste e amara. Questo modo di comunicare verità
scomode si diffonde nella seconda metà dell’ottocento
soprattutto nella borghesia che privilegia un atteggiamento
moderatamente critico e che rappresenta uno dei
tratti distintivi della classe media. In effetti alcuni dei più importanti autori del romanzo borghese
sono anche stati dei sottili umoristi.
Si pensi ad esempio a Charles Dickens,
Italo Svevo e James Joyce.
La comicità si propone come obiettivo
di provocare una risata per puro divertimento,
l’arguzia si situa ad un livello
superiore perché mira ad un piacere
intellettuale.
Le forme del testo comico
I contorni poliedrici del testo comico
e umoristico sono svariati e ardui da
catalogare dal momento che spesso le
molte tipologie sconfinano una nell’altra
arrivando parzialmente a sovrapporsi.
Tuttavia una classificazione utile,
anche se non ineccepibile, potrebbe essere
la seguente: si è in presenza di una
satira quando una persona o una consuetudine
sociale vengono dileggiate
o sbeffeggiate. Siamo per contro confrontati
ad una parodia quando si imita
qualcuno ridicolizzandolo; si tratta di
una specie di dissacrazione di ciò che
il soggetto rappresenta; essa è particolarmente
diffusa nell’ambito carnevalesco.
Quando l’imitazione raggiunge il
parossismo si perviene alla caricatura,
cioè una tecnica che prende di mira soprattutto
personaggi noti come uomini
di potere, politici, o personaggi del
mondo dello spettacolo. La comicità
diventa ironia se non addirittura sarcasmo
quando vengono espressi giudizi
opposti a quelli che palesemente
sono difesi dall’autore. In questo caso
le parole diventano veri e propri oggetti
contundenti che intendono ferire intenzionalmente
la vittima.
Il meccanismo della risata
Che cosa in una situazione particolare
fa scattare la molla della risata? È difficile
rispondere a tale domanda. Filosofi,
psicologi e critici letterari hanno
cercato di procedere ad una anatomia
della risata per cogliere quell’elemento
necessario e sufficiente per innescare
il riso. Ma l’operazione si è rivelata
complessa dal momento che l’oggetto
riso presenta dei contorni sfumati, è
sfuggente e mutevole. Esso dipende
dal momento, dalle circostanze, dal
nostro ambiente. Gli studi hanno piuttosto
messo in evidenza le tecniche in
grado di provocare la risata. Vediamo
le più conosciute: una fonte inesauribile
di comicità è il gioco degli equivoci,
dei malintesi, dei giochi di parole,
delle espressioni ambigue, dei doppi
sensi. Anche la goffaggine degli individui
è spesso soggetto di risate. L’imbarazzo,
l’errore lo scambio di persone
suscitano per lo più situazioni spassose.
Anche l’esagerazione, tutto ciò che è accentuato, sopra le righe sortisce una reazione ilare.
Appare buffo, strampalato anche chi si trova fuori posto,
nel luogo e nel momento sbagliato. Altre tecniche impiegate
per suscitare risate sono il caso insolito oppure i casi
strani, bizzarri e stravaganti. In linea di massima si può
dire che la legge della risata si fonda sul rovesciamento.
Ci fa ridere tutto ciò che è contrario a quello che abitualmente
vediamo o di cui abbiamo esperienza. Pirandello
parlava di avvertimento del contrario come facoltà di cogliere
dimensioni del reale che non coincidono con ciò
che normalmente avviene. Scrive Pirandello «Vedo una
vecchia signora, coi capelli ritinti…e poi tutta goffamente
imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere.
Avverto che quella signora è il contrario di ciò che una
vecchia rispettabile signora dovrebbe essere.» All’avvertimento
può inoltre seguire il sentimento del contrario,
che sopraggiunge quando riflettiamo sulla scena comica
e prendiamo coscienza dei suoi tristi e dolorosi risvolti.
Dietro la maschera imbellettata dell’anziana signora scorgiamo
la sofferenza di chi vede sfuggire la giovinezza e
con essa l’amore per la persona desiderata. Il sentimento del contrario è quindi l’autocoscienza dell’essenza amara
di un fatto ed in ultima analisi della vita stessa.
Ci fa ridere tutto ciò che è contrario a
quello che abitualmente vediamo o di
cui abbiamo esperienza.
L’umorismo tra Fratelli
Cedo che l’umorismo rappresenti uno
strumento privilegiato per disinnescare
inutili e pericolose tensioni tra Fratelli.
Mi piace pensare che l’umorismo ed il buon umore possano
essere dei tratti caratteristici del Libero Muratore. In
un’associazione come la nostra nella quale le persone si
incontrano frequentemente è facile che possano sorgere
delle incomprensioni, dei dissapori e addirittura conflitti.
Ebbene credo che l’umorismo rappresenti uno strumento
privilegiato per disinnescare inutili e pericolose tensioni
tra Fratelli. Molte volte l’umorismo avvicina le persone e
riesce ad appianare situazioni difficili. Nel Motto di spirito
e la sua relazione con l’inconscio Freud considerava
l’umorismo come un meccanismo comunicativo che permette
al soggetto di esprimere i contenuti dell’inconscio,
solitamente repressi, in modo non traumatico o aggressivo
per l’interlocutore. La battuta rappresenta un canale
di sfogo: libera l’energia che impegniamo nel tenere sotto controllo impulsi aggressivi del nostro
inconscio. La liberazione della tensione
ed il rilassamento che ne consegue
risultano pertanto benefici. Inoltre ricordiamoci
che come diceva Aristotele
«l’uomo soltanto, fra tutti gli animali
ride». Il riso in effetti risulta una
proprietà specifica del genere umano.
Che ridere costituisca un’azione immanente
all’uomo lo si può desumere
dal fatto che nessuna civiltà o etnia è
stata finora trovata priva della capacità
di ridere. Da questo punto di vista
si può quindi dire che ridere è segno
di umanità. Una persona che non
ride mai rivela qualcosa di sinistro, di
poco raccomandabile, in fin dei conti
di disumano. Solo l‘uomo ride e solo
l’uomo parla ma anche il riso e l’umorismo
sono una forma di linguaggio,
un codice universale che ci permette
di trasmettere e condividere emozioni
e stati d’animo, a condizione naturalmente
di possedere un minimo di
arguzia per coglierne le innumerevoli
sfaccettature. D.B.
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