Dossier
La Massoneria ed i limiti
del materialismo
«La scienza è la misura di tutte le cose, di quelle che sono per ciò che sono e di quelle
che non sono per ciò che non sono». Con questa parafrasi del celebre motto protagoreo
il filosofo Wilfrid Sellars riassume l’idea centrale del moderno materialismo. Cercheremo
di mostrare la ragione principale per la quale questo programma si rivela problematico,
soprattutto quando si tratta di naturalizzare l’uomo.
Il materialista dei giorni nostri sostiene fondamentalmente
che le entità presupposte dalle spiegazioni
scientifiche accettate sono le sole entità autentiche che
ci siano. E che solo seguendo i metodi delle scienze naturali
si arriva ad una conoscenza autentica. Quindi secondo
questa forma estrema di materialismo la realtà può essere
compresa esclusivamente attraverso le leggi naturali, senza
ricorrere a principi di ordine trascendente.
Genesi del materialismo moderno
La forma più radicale di materialismo, quello eliminativista,
sostiene addirittura che gli stati mentali dell’individuo, così
come caratterizzati dal senso comune, non esistano. Parlare
di desideri, credenze, intenzioni sarebbe come parlare di
entità come il «calorico» o il «flogisto» cioè usare etichette
vuote, prive di riferimento. L’approdo a questo naturalismo
materialistico si presenta come il frutto di un processo
che ha avuto inizio con la fondazione rinascimentale della
scienza moderna. L’itinerario concettuale implicito è ancora
prevalentemente quello di tipo positivistico secondo
il quale, una volta lasciatici alle spalle la visione «teologica
» della cultura medievale (nella quale all’uomo spettava
una posizione separata e superiore rispetto alla natura, in
forza della sua partecipazione all’ordine soprannaturale),
e superata la visione metafisica delle varie filosofie - che
avevano pur sempre riconosciuto all’uomo un tratto specifico,
distintivo e irriducibile alla pura naturalità, nella
sfera dello spirito - si è finalmente giunti ad una visione
«positiva», ossia scientifica, nella quale anche l’uomo viene
indagato e compreso utilizzando le categorie della conoscenza
scientifico-sperimentale, col risultato di farne un
essere totalmente immerso nel mondo naturale e contraddistinto
in esso, al massimo, da un grado particolarmente elevato di complessità. L’inserimento
totale dell’uomo nell’alveo della natura
sarebbe dunque il punto di arrivo, la
matura consapevolezza di un progresso
plurisecolare, che ci ha guarito da alcune
orgogliose illusioni infantili.
La difficile conciliazione tra
Massoneria e materialismo.
Risulta abbastanza evidente che la
Massoneria può difficilmente convivere
con una forma di materialismo
estremo. Da sempre essa si propone di
indagare uno spazio concettuale metafisico.
I suoi insegnamenti, derivanti
da tradizioni esoteriche ed iniziatiche,
non possono certo essere riconducibili
ad analisi puramente sperimentali ed
oggettive. La maturazione spirituale
dell’individuo che essa persegue non
sembra al momento assolutamente alla
portata delle neuroscienze contemporanee.
Lo splendido patrimonio simbolico
ed allegorico che la caratterizza
risulta intraducibile in semplici meccanismi
neuronali e sinaptici. A dire il
vero l’effetto della contemplazione dei
simboli non sembra traducibile neppure
nei termini di un linguaggio comune,
figuriamoci come possa essere
restituito in codici biochimici. Anche
se molti libri pretendono di aver rivelato
il «segreto» dei Liberi Muratori, in realtà solo chi ha vissuto in prima
persona l’iniziazione e ed ha potuto
meditare profondamente sui venerandi
significati dei suoi simboli può dirsi
di aver veramente recepito il messaggio.
Questo genere di esperienze sono
impermeabili e quindi inaccessibili ad
una interpretazione puramente intellettualistica
e ci sembrano parimenti
incommensurabili con i programmi
riduzionistici di un pretenzioso materialismo
che pensa di poterli dissolvere
per lasciar spazio unicamente ad asettiche
spiegazioni neurologiche.
I limiti delle scienze
sperimentali
Il materialista dei giorni nostri sostiene
che le entità presupposte dalle spiegazioni
scientifiche accettate sono le sole entità
autentiche.
Ma quali sono gli argomenti in favore
dell’esistenza di un territorio della trascendenza
impermeabile a metodi empirici?
Il principale argomento a nostro
parere risiede in una presa di coscienza
storica del modo in cui la scienza è
giunta a considerarsi il solo discorso legittimo
in grado di stabilire ciò che esiste
o meno. Con l’avvento dell’epoca moderna, l’Occidente ha scoperto un metodo particolarmente
efficace e fecondo per far avanzare la conoscenza,
specialmente per quanto riguarda il mondo naturale.
Questo metodo è la scienza sperimentale che si è rivelato
fecondo non solo nelle indagini sulla natura ma anche
nella ricerca sull’uomo, dando così origine alle cosiddette
scienze umane. Davanti alla quantità impressionante di risultati
acquisiti grazie alla sua adozione, esso ha esercitato
un’attrattiva tale da far credere che potesse, o addirittura
dovesse, rimpiazzare tutti gli altri strumenti di conoscenza.
La conseguenza è stata che gli ambiti del reale, o anche
semplicemente le dimensioni e gli aspetti della realtà che
non si prestano ad essere indagati o inquadrati attraverso
questo metodo sono stati surrettiziamente trascurati, sono
apparsi inintelligibili alla conoscenza scientifica e persino
irrazionali per cui sono stati poco alla volta emarginati.
Per qualche tempo essi hanno continuato ad essere oggetto
della riflessione filosofica, ma ormai ritenuta, in generale, come impresa non genuinamente conoscitiva; poi è venuta
rafforzandosi la tendenza a ritenere che essi, più che
inconoscibili, fossero addirittura inesistenti.
La scienza moderna, costituendosi con ben precise limitazioni
metodologiche, in un primo momento sembrò accontentarsi
di definire gli aspetti della realtà dei quali essa
decise di occuparsi, ma ben presto tali aspetti condussero la
maggior parte degli esponenti della comunità scientifica ad
affermare che la realtà si ridurrebbe unicamente ad essi. Da
notare che non è tanto la portata conoscitiva della scienza
moderna che ha negato uno spazio per la trascendenza
all’uomo, bensì la pretesa riduzionista che molto spesso ha
accompagnato l’entusiasmo e la fede assoluta verso questo
tipo di conoscenza. Come abbiamo visto la proposta di naturalizzazione
dell’uomo intende ricondurlo alla sfera della
pura natura fisico materiale e sottintende quindi l’adesione
ad una metafisica materialista la cui validità tuttavia non
viene tematizzata e discussa, ma semplicemente data per
scontata. Quindi dal punto di vista metodologico ci sembra
erroneo presupporre che la natura umana sia fatta solo
di ciò che le scienze naturali possono considerare. L’atteggiamento
metodologicamente corretto, per contro, ci pare
piuttosto quello di una disponibilità a non chiudere l’orizzonte
del nostro pensiero a tutte quelle dimensioni che in
qualche modo ci appaiono attestate da qualche forma di
esperienza, come per esempio quella Massonica. Nel caso
dell’uomo esistono alcune caratteristiche che appaiono irriducibili
a quanto le scienze sono in grado di spiegare e ciò non già perché queste sono intrinsecamente
fallibili ma semplicemente perché
non rientrano nel campo di oggetti
circoscritto dalle scienze, per le quali
hanno elaborato concetti e metodi di
indagine specifici. D. B.
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