Tradizione e progresso della Massoneria
(Alpina 6-7/2007)

200 anni fa, il 4 luglio 1807, nasceva a Nizza l’«Eroe dei due Mondi», Giuseppe Garibaldi. Un grande anniversario per ogni Massone e per tutti gli Italiani che ne ricordano le gesta. Pochi come lui, nella storia dell’umanità, sono riusciti ad unire in perfetta simbiosi la Tradizione e il Progresso. Infatti, sia nelle vesti di Gran Maestro del GOI sia da Generale, sapeva sempre attingere ai valori etici-morali della Tradizione iniziatica massonica e, al contempo, lungimirante, realizzare quell’Italia unita e indipendente, allora oppressa e umiliata da interminabili occupazioni. Una felice coincidenza: il tema di questa edizione dell’Alpina e proprio «Tradizione e Progresso». Di primo acchito due concetti antitetici. Analizzandoli meglio ci si accorge però che sono assolutamente interdipendenti. Da secoli la Massoneria lo insegna.

I Maestri costruttori, fedeli alle conoscenze e ai principi dei loro antenati, realizzarono Cattedrali di inaudita complessità architettonica; il massimo progresso immaginabile a quell’epoca. Non di meno in epoche più recenti: sin dall’Illuminismo la Massoneria è la principale promotrice della Libertà, della Democrazia, dei Diritti umani, della Pace. Ma torniamo a Garibaldi. Aveva appena 25 anni, quando aderì al movimento clandestino «Giovane Italia» fondato da Giuseppe Mazzini. Condannato a morte, si rifugiò in vari stati del Sud America dove, partecipando per ben 12 anni a conflitti interni, divenne quel combattente che, anni dopo, tra innumerevoli peripezie belliche e politiche, comandando in qualità di Generale lo «Sbarco dei Mille» e le tre Guerre d’Indipendenza, realizzò l’Italia unita, libera e indipendente. Divenne uno dei personaggi più potenti e famosi d’Europa, ma lui, rinunciando al potere e agli allori, da buon Massone, si ritirò, certo di aver compiuto il proprio dovere, nella sua amata Caprera, dove morì il 2 giugno 1882. L’ostacolo suo e di tutta l’Italia fu sempre il Papato di Roma, fedele alleato degli invasori. Egli stesso, avverso ai preti e alla Chiesa di Roma, tra l’altro scrisse: «Non dobbiamo dimenticare che fino al 1870 il potere temporale dei Papi aveva influenzato in negativo la storia e lo sviluppo dell’Italia e del popolo italiano. Il clero fu il principale fattore di corruzione del popolo e il Papato la rovina dell’Italia.» La sua «religione» era senza dogmi e senza culto, consisteva nella morale e nell’amore per l’uomo e la natura, concetti fondamentali, secondo lui, per la felicità dell’umanità. I posteri lo consacrarono «Mito del Risorgimento italiano».

Vogliamoci sempre bene!

Othmar Dürler

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