Dimensioni della lettura
(Alpina 12/2011)

Penso che non ci siano molte persone che ritengano la lettura uno strumento scarsamente rilevante nel processo di acquisizione del sapere. Tuttavia la maggior parte della gente è convinta che la lettura che serve per ampliare il proprio sapere è di natura essenzialmente scientifica, tecnica o filosofica, mentre è persuasa che i romanzi, le novelle, i brani teatrali e le poesie cioè la letteratura sia più che altro un nobile passatempo, un modo per evadere dalla realtà quotidiana, per distrarsi immergendosi in mondi fantastici. Tutt’al più si riconosce alla letteratura la funzione pratica di insegnare a scrivere meglio. Personalmente non sono d’accordo con questa visione riduttiva della letteratura. Cercherò di motivare la mia opinione provando a rispondere alle seguenti domande: Esiste un sapere che è comunicato dalla letteratura, irriducibile al senso comune e alla conoscenza scientifica? È lecito parlare di verità in campo letterario? Abbiamo bisogno della letteratura, oltre che della filosofia e della scienza, per aiutarci a risolvere determinati problemi? In che cosa consiste la specificità della letteratura come approccio insostituibile alla conoscenza e alla verità? Secondo me la letteratura rappresenta una vera e propria attività cognitiva che permette di comprendere alcuni livelli di realtà fondamentali. Gli stati fisici, come per esempio: “pesare 70 chili, essere alti 175 centimetri, avere due braccia e dieci dita” sono degli stati suscettibili di essere trattati da una delle scienze della natura che ci sono familiari. Tuttavia, per comprendere gli stati mentali cioè le emozioni, le sensazioni e le percezioni, le credenze, i desideri e gli atti di volontà non possiamo più appoggiarci sulle scienze naturali ma riusciamo comunque farci un’idea di queste realtà impalpabili grazie proprio alla letteratura che si rivela uno strumento insostituibile per avere accesso a questi livelli di realtà. Ebbene, soprattutto per noi Massoni che miriamo a cogliere e scolpire sostanze spirituali grazie alla combinazione di universi simbolici, la letteratura, come appunto ambito privilegiato di elaborazione simbolica, ci fa progredire nella comprensione di certi livelli di realtà invisibili,ma non per questo meno reali di quelli fisici, sicuramente in modo più utile di quanto non facciano le scienze. Forse il senso del mito platonico è proprio questo:non un residuo di riflessione prefilosofica, ma un metodo per esprimere alcuni aspetti della realtà,che, per la loro stessa natura, non sono afferrabili né esprimibili mediante il puro logos.

Daniele Bui

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