Qual è la nostra responsabilità nella società?
(Alpina 10/2010)

Se domandassimo a un campione della nostra popolazione di descriverci un individuo responsabile probabilmente otterremmo una risposta simile alla seguente: una persona con “la testa sulle spalle”, seria, affidabile, credibile, cioè una persona alla quale sentiamo di poter confidare dei compiti o, appunto, delle responsabilità. Accontentandoci di definizioni simili non saremmo però ancora in grado di percepire l’intera area semantica che tale termine assume oggi nel campo dell’etica. Questo ramo della filosofia ha subito una crisi profonda, durata almeno tutta la prima parte del XX° secolo. Le cause di questo declino sono da imputare soprattutto a questioni logico-linguistiche che sembravano aver dimostrato l’insostenibilità del valore cognitivo di questa disciplina. Nel migliore dei casi essa veniva ridottaauna delle tante possibili manifestazioni dell’emotività umana. Da questa situazione l’etica si risollevò non tanto per aver dissolto gli intricati problemi epistemologici nei quali si era incagliata, ma soprattutto per l’urgenza di nuove questioni etiche scaturite dal progresso tecnico e scientifico e per i repentini cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni a livello economico, sociale e lavorativo. Si sono così sviluppate nuove discipline come la bioetica, l’etica ambientale, l’etica degli affari, le quali hanno stimolato nuove riflessioni filosofiche, in particolare nella direzione della cosiddetta etica della responsabilità, cioè un’etica preoccupata non solo della conformità delle azioni umane alle norme assolute, ma anche delle conseguenze che tali azioni possono avere sulla vita degli altri, compresa quella delle generazioni future. Un contributo notevole in questa direzione è venuto dall’opera Il principio di responsabilità dell’intellettuale tedesco Hans Jonas. Di fronte agli scenari inquietanti della civiltà odierna noi Massoni non possiamo più richiamarci alle consuete etiche della coscienza o dell’intenzione, ignorando le conseguenze dei nostri atti. Oggigiorno non basta più essere a posto con la propria coscienza o accontentarsi di regole formali di tipo evangelico o kantiane, occorre saper prevedere gli influssi che le nostre azioni potranno avere sulle sorti future dell’umanità e del pianeta. Il nuovo imperativo della civiltà tecnologica, per ogni Massone che ha veramente a cuore la costruzione di un Tempio dell’umanità di cui andare fieri è, comediceva Jonas : ”Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra.”

Daniele Bui

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