Il valore dell’esperienza massonica
(Alpina 4/2012)
L a consapevolezza dell’importanza dell’esperienza nel processo di una conoscenza che si vuole scientifica è piuttosto recente. Essa risale agli albori del rinascimento. Nei secoli precedenti venne sottovalutata per diverse ragioni: in primo luogo perché all’interno della metodologia aristotelica rappresentava solo il punto di partenza per la spiegazione della realtà. Per comprendere quest’ultima era necessario il concorso della ragione, del logos che ricercava le essenze, i principi generali e le cause ultime dei fenomeni. Inoltre l’esperienza era sottovalutata perché riconducibile alle arti meccaniche, notoriamente al lavoro con le mani e quindi degli schiavi che si servivano appunto di queste. Le arti liberali,“nobili”,si distinguevano dalle arti meccaniche perché unicamente contemplative. Benché il pensiero massonico riconosca come uno dei suoi più alti valori la razionalità scientifica, essa tuttavia non lo esaurisce. In effetti quando si parla di esperienza massonica non si fa riferimento ad un’attività pubblica come appunto l’esperienza scientifica, ma ad una intima, privata ed incomunicabile. L’esperienza massonica si inserisce nell’ambito di un sapere iniziatico grazie al quale si opera una trasformazione in profondità dell’individuo. Il famoso segreto massonico non sta tanto nei rituali o nel significato di alcuni gesti che ormai sono conosciuti, ma piuttosto in quell’esperienza personale, comprensibile solo a chi l’ha vissuta, di trasformazione del proprio io più profondo in vista di una sublime realizzazione personale. Giacomo Casanova, uno degli affiliati più celebri della Libera Muratoria, aveva ragione di scrivere che “Coloro che entrano nella Massoneria solo per carpirne il segreto possono ritrovarsi delusi:può infatti accadere loro di vivere per cinquant'anni come Maestri Massoni senza riuscirvi. Il mistero della Massoneria è per sua natura inviolabile: il Massone lo conosce solo per intuizione,non per averlo appreso. Lo scopre a forza di frequentare la Loggia, di osservare, di ragionare e di dedurre. Quando lo ha conosciuto, si guarda bene dal far parte della scoperta a chicchessia, sia pure il miglior amico Massone, perché se costui non è stato capace di penetrare il mistero, non sarà nemmeno capace di profittarne se lo apprenderà da altri. Il mistero rimarrà sempre tale”. In altre parole l’esperienza massonica non si può trasmettere,non si può insegnare;la si apprende solo attraverso un assiduo lavoro in Loggia e un lungo e paziente processo di maturazione. Non ci sono scorciatoie per i furbi.
Daniele Bui
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