Le differenze tra il sacro e il profano
(Alpina 6-7/2013)
Una delle caratteristiche più evidenti della civiltà
contemporanea mi sembra la crisi che sta attraversando
la dimensione del sacro. L’uomo del XXI° secolo si
ritrova completamente assorbito da preoccupazioni
profane come il lavoro, le proprie finanze, il
divertimento…Il tempo dedicato allo spirito, a ciò che
in tutte le altre epoche della storia era considerato
essenziale, è ormai ridotto ai minimi termini. Questo
processo – ed è forse questo l’aspetto più sorprendente
– non viene vissuto come inquietante ma semplicemente
come l’esito di un’evoluzione storica nella quale l’uomo
avrebbe preso coscienza che per attribuire senso e
valore alla vita la sacralità non risulta né necessaria
né sufficiente ma forse, addirittura, che possa essere
considerata irrilevante. Ideali e valori che solo
qualche decennio or sono parevano assoluti, oggi vengono
relativizzati e spogliati di qualsiasi aura sacrale. Il
risultato di questa progressiva erosione della sfera del
Sacro è ciò che Nietzsche chiamava l’ospite inquietante,
cioè il nichilismo, il deserto di qualsiasi valore, il
nulla. I sentimenti dominanti sono quelli della
disillusione, della rassegnazione e del disimpegno.
L’unico valore sempre più idolatrato è quello del dio
denaro e il suo correlato naturale, il consumismo,
chiamato a colmare tutti i vuoti esistenziali e
culturali emersi prepotentemente in questi ultimi tempi.
Ebbene se l’eclissi, il tramonto degli assoluti, degli
ideali più alti e nobili non è più una previsione
pessimistica o una semplice ipotesi, ma un dato di fatto
incontestabile, sorge la domanda spontanea di chiedersi
se anche la Massoneria sia stata drammaticamente
travolta da tale tendenza nichilistica per cui la si
possa collocare in quelle istituzioni polverose, corrose
dal tempo e ormai, a tutti gli effetti, anacronistiche.
Penso che esistano diverse buone ragioni per poter
rispondere negativamente a tale domanda. In primo luogo
sono i giovani stessi a manifestare un evidente disagio
e malessere di fronte alla mancanza di punti di
riferimento sui quali poter contare. Inoltre i surrogati
che vengono loro propinati assomigliano spesso a mode
pseudo culturali effimere che durano il lasso di tempo
fugace di qualche stagione. Ma soprattutto la
credibilità e la modernità del nostro Ordine credo
risiedano nell’aver saputo indicare l’esistenza di un
legittimo spazio concettuale per la trascendenza
all’interno del quale i dogmi di qualsiasi tipo non
hanno diritto di cittadinanza mentre la libertà, il
dialogo, la cultura e la critica costruttiva erano e
rimangono i veri protagonisti.
Daniele Bui
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