Alpina 6-7/2005

Gli impulsi che il Rituale massonico riesce a trasmettere e che coinvolgono tutte le sfere emotive dell’Iniziando, possono considerarsi musica nel senso più profondo e reale della parola. Sono vibrazioni creatrici che toccano e trasformano con la loro alchemica magia tutto quanto di divino possa celarsi negli abissi della psiche umana; onde misteriose – musica dell’anima. Tutto l’universo è musica. Tutto vibra e suona; il visibile e l’invisibile: i raggi del sole, ogni pensiero della mente umana, ma anche il più solido, apparentemente statico cristallo. Riuscire ad identificare questa panteistica «sinfonia» cosmica con il Grande Architetto dell’Universo, costituisce, forse, l’unica ed ultima aspirazione del Massone sulla via verso la Luce.Ma, benché tutto il creato è musica, normalmente per musica si intende quella miriade di suoni scritti sul pentagramma e riprodotti, rispettivamente suonati, con tutti quegli strumenti che compongono un’orchestra o altre formazioni musicali. Questa musica, da quando c’è Massoneria, è sempre stata parte integrante dei diversi Rituali. Da secoli, innumerevoli compositori, famosi o meno, ispirati dalla Massoneria, hanno scritto brani per le diverse ricorrenze massoniche, sia solenni che di svago. Se il Rituale stesso fa vibrare le sfere intime degli astanti, ecco che il supporto musicale completa le emozioni e rende sublime l’esperienza di quei momenti. Ma la musica massonica va oltre al Tempio; esistono raccolte di musiche e canti per ogni occasione, dalle agapi ai matrimoni massonici, fino alle nobili ed eccelse composizioni sinfoniche, concertistiche ed operistiche dei grandi Iniziati quali Cherubini, Meyerbeer, Liszt, Sibelius, Mozart e altri. Il poeta Mallarmé scriveva: «Ogni cosa sacra e che vuole rimanere sacra si avvolge nel mistero. La musica ci offre un esempio: apriamo una pagina di Mozart, Beethoven o Wagner e, subito, siamo presi da un religioso stupore...» Prova eloquente di quanto la musica possa compenetrare e toccare la sfera spirituale dell’essere umano, sono, ad esempio, il finale del «Canto della terra» di Mahler, l’interminabile, toccante e struggente «ewig…ewig…ewig…», ma anche la «Nona» di Beethoven, quel sublime, utopico e profondamente massonico «Alle Menschen werden Brüder».

Vogliamoci sempre bene!

Othmar Dürler

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