L’Agape, dal greco Amore, è il Banchetto rituale massonico
L’Agape massonica
Il Dictionnaire de la Franc-Maçonnerie diretto dal Ligou, alla voce
Banquet, dice: «Il banchetto è una tra le più antiche e solide tradizioni
massoniche. Già le Costituzioni di Anderson vi fanno allusione, al pari dei
regolamenti che fanno loro seguito. Fin da quell’epoca, le riunioni e le
assemblee di Gran Loggia si concludevano con un banchetto.»
Natale Mario di Luca, Grande Oriente d’Italia (Revista massonica
svizzera novembre 2006)
Il tema dell’agape o banchetto massonico, che si ripropone costantemente
in termini di incertezza nella Massoneria italiana a motivo della mancata
adozione di un apposito rituale da parte del Grande Oriente d’Italia, è
curiosamente venuto alla ribalta di recente nel quadro della querelle che ha
portato al ritiro del riconoscimento da parte della Gran Loggia Unita
d’Inghilterra. Infatti, tra i capi di accusa contestati al Grande Oriente
d’Italia stesso dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra e che hanno fornito
pretesto per il suddetto ritiro del riconoscimento, ha figurato quello a
tenore del quale il Grande Oriente d’Italia consentirebbe a Logge della
propria obbedienza l’effettuazione di banchetti od agapi secondo rituali
parodianti in modo blasfemo il sacramento eucaristico e comunque estranei
alla pura tradizione massonica. Al fine di fare chiarezza sull’argomento,
ancorando tuttavia l’indagine ad elementi meno fumosi e meno opinabili,
converrà fare riferimento a precisi elementi documentari.
Cenni storici
Fin da 1717 le riunioni e le assemblee di Gran Loggia si concludevano con
un banchetto ed Anderson raccomanda ai Fratelli di non trasformarli in orge,
precetto che sembra esser stato in generale seguito... La tradizione del
banchetto si è mantenuta. Ogni tornata è seguita - obbligatoriamente
nell’Emulation Ritual, facoltativamente altrove - da un banchetto o agape
fraterna. Nell’Emulation Ritual, il banchetto è rituale, vale a dire che la
tavola è a ferro di cavallo, presieduta dal Venerabile, mentre i due
Sorveglianti stanno alle due estremità. Si comincia con i rendimenti di
Grazie recitati dal cappellano ed il pasto è inframmezzato da una serie di
toast, i toast ufficiali al Presidente della Repubblica (in Inghilterra alla
Regina), ai sovrani e capi di Stato che proteggono la Massoneria, al Gran
Maestro, i toast tradizionali alla Gran Loggia, al Gran Maestro Provinciale,
se del caso al neoiniziato di quella tornata il quale contraccambia, alle
Logge sorelle ed ai visitatori ed infine quelli agli assenti e a tutti i
Massoni poveri ed in difficoltà. Nelle Logge che lavorano secondo i Riti
Francese e Scozzese, l’agape fraterna che fa seguito alla tornata è spesso
abbastanza rapida e semplice, presieduta dal Venerabile che talvolta dice
qualche parola al dessert. Qualche volta vi sono ammesse le mogli dei
Fratelli. Nei Riti Francese e Scozzese viene praticato il banchetto d’ordine
strettamente riservato ai Fratelli. La tavola è del pari ad arco di cerchio,
è proibito parlare ad alta voce e fumare. Il servizio di tavola è effettuato
dagli Apprendisti. L’aspetto interessante di queste cerimonie deriva dal
fatto che esse hanno conservato un rituale abbastanza particolare che si
ritiene derivato dalle tradizioni delle Logge militari durante l’Ancien
Régime. In questi lavori di masticazione o lavori di tavola... si fa anche
uso di un lessico speciale... Durante il banchetto d’ordine i Fratelli
indossano la sciarpa o il collare...». A sua volta il Mellor, nel
Dictionnaire de la Franc-Maçonnerie et des Francs-Maçons, alla voce Banquet,
riferendosi all’uso inglese, scrive che la ricreazione (refreshment) o
agape, che segue la tornata di Loggia, «è... obbligatoria». I brindisi o
toasts si dividono in facoltativi, obbligatori e tradizionali seguiti da
quello per i Fratelli assenti e l’ultimo (quello del Tyler o Tegolatore) per
«tutti i Massoni poveri ed in difficoltà, per terra, sul mare od in aria,
augurando una rapida consolazione alle loro sofferenze ed un pronto ritorno
al Paese natio, se lo desiderano». Il Mellor precisa che «l’uso, ad ogni
toast, è quello di alzarsi in piedi, dopo che il Venerabile abbia battuto un
colpo di maglietto, ripetuto dai due Sorveglianti, ognuno dei quali sta
seduto all’estremità della tavola (generalmente a ferro di cavallo)».
Origini
A quale epoca risale la consuetudine di consumare un pasto tra i Fratelli
di Loggia, durante o dopo i lavori rituali propriamente detti? Ed è
possibile ricostruire le forme originarie di essa? Prima di tentare di dare
una risposta a questi interrogativi, appare opportuno ricordare che abbiamo
oggi un’idea molto approssimativa dei rituali in uso prima del 1730 circa,
posto che i primi documenti scritti, a parte rare eccezioni su aspetti
comunque non pertinenti all’argomento in esame, cominciano ad apparire
proprio da quel periodo. Secondo B. E. Jones: «È comunque certo che i
brindisi venissero usati agli inizi del ‘700 e probabilmente anche molto
prima. Anderson suggerisce che ne venne fatto uno alla festa del 1719. Nel
1757, una lettera autorizzata dal Gran Maestro stabiliva che il primo dei
nostri brindisi in Loggia è quello della salute del Re e dell’Ordine. Sia i
Moderni che gli Antichi erano d’accordo su questo punto.» Che un pasto in
comune fosse abitualmente consumato al termine dei lavori di Loggia, almeno
a partire dal 1717 o comunque dalla fondazione della Gran Loggia di Londra,
è attestato - come ricordato dalla sopra riportata voce del Dictionnaire de
la Franc-Maçonnerie - dai Doveri di un Libero Muratore allegati alle
Costituzioni elaborate dall’Anderson nel 1723. Infatti, all’art. 2 dei
Doveri, sotto il significativo titolo di Comportamento quando la Loggia è
Chiusa ed i Fratelli non sono usciti che consente di situare le relative
prescrizioni dopo la chiusura dei lavori rituali, si legge: «Potete
divertirvi con innocente allegria, trattandovi l’un l’altro a vostro
talento, ma evitando ogni eccesso, o di spingere alcun Fratello a mangiare o
bere oltre la sua inclinazione...». Gli stessi Regolamenti generali annessi
alle Costituzioni (artt. XXVIII-XXXII) dedicano alquanto spazio al tema del
pranzo che fa seguito ai lavori della Gran Loggia annuale. È certo,
comunque, che ancora per decenni dopo il 1717 le Logge, sia in Inghilterra
sia nell’Europa continentale ove si erano nel frattempo rapidamente diffuse,
continuarono a riunirsi presso taverne e locande, dimostrandosi spesso assai
più interessate ai lavori di tavola che ad altri e più iniziatici lavori, in
qualche modo legittimando la curiosa etimologia data con tutta serietà dal
Lessing alla parola Masonry, come derivata da Mase, mensa o tavola. E se
pure al riguardo non si disponesse di abbondanti testimonianze d’epoca
(diari, resoconti di gazzette, rapporti di polizia, ecc.), basterebbe a
darne conferma la sollecita preoccupazione di un Ramsey volta a nobilitare i
banchetti massonici attraverso l’analogia con le feste intrinseche ai
Misteri pre-cristiani... In ogni caso, già una delle prime pubblicazioni a
stampa in Italia sulla Libera Muratoria, la Relazione della Compagnia de’
Liberi Muratori dell’Angiolieri Alticozzi, si diffondeva lungamente sulla
tavola de’ Liberi Muratori, riportando tra l’altro queste interessanti
notazioni: «Le parole, che si usano a tavola, sono prese dall’Artiglieria;
benché io ho poi veduto, che questo costume non è così rigoroso, e in
diversi paesi diversamente si varia.» Vi è poi la descrizione del lessico di
tavola, del caricamento, del brindisi, ecc., esattamente come la si
ritroverà alla fine del XVIII secolo ed all’inizio del successivo attraverso
i testi francesi ed italiani.
Théodore Henri de Tschudy
Non indegna di approfondimento ritenne questa tematica Théodore Henri de
Tschudy, che nell’Étoile flamboyante (1766) le dedicò non poche pagine, con
accenti e con considerazioni che appare utile rievocare: «Le assemblee dei
Massoni sono quasi sempre concluse da pasti... Ma quando una gioia savia
presiede a questi quarti d’ora di rilassamento, quando le arguzie
dell’ingegno, stimolate ad un certo punto dall’uso moderato di una bevanda
ristoratrice, lasciano sfuggire quegli sprazzi d’immaginazione che
inquadrano e disegnano, per così dire, la soddisfazione ed il piacere, dove
trovarne uno più sensuale? ai canti di prammatica, che hanno qualcosa di
rude e di monotono, si mescolano talvolta canzoni ingegnose, la cui melodia
ed i cui accordi sembrano unire ancor più gli animi e far meglio scaturire
l’armonia dell’insieme. L’ordine dei brindisi, quello della cerimonia,
malgrado il loro singolare apparato, per quanto estraneo possa apparire alla
maggior parte degli usi massonici..., costituiscono nondimeno una visione,
un concerto che ha qualcosa di piacevole e di seducente fin nell’inizio.
L’atmosfera di schiettezza che pervade tutti i convenuti, il tono cordiale
che viene assunto spontaneamente per interpretare sentimenti autentici,
pongono ognuno a proprio agio: le distinzioni finiscono al di sotto della
tavola, non si ode altro che il nome di fratello, il quale risuona per ogni
dove; tutto, infine, contribuisce a render deliziosi questi festini nella
loro semplicità... Il nostro, cari Fratelli, è il rifugio dell’innocenza;
noi lasciamo il santuario per passare nel vestibolo a banchetti deliziosi,
nei quali la frugalità e la prudenza attenuano quanto vi potrebbe essere di
troppo impetuoso e di eccessivamente libero. Un esercizio piacevole vi
cadenza con metodo, le libagioni che facciamo ed il modo di celebrare i
brindisi cari all’Ordine acquistano un merito in più per l’armonia che vi
regna e per il concerto di applausi con il quale esprimiamo i nostri auspici
e la nostra gioia. I nomi che impieghiamo per caratterizzare gli arredi del
festino attengono agli attributi militari, giacché nessun ordinamento nella
società civile è maggiormente sagomato per la precisione dei tempi di quello
di una milizia ben disciplinata e ben guidata; al monarca vanno i nostri
primi auguri, mentre il secondo posto spetta al capo dell’Ordine in Francia;
i nostri maestri, i nostri fratelli, i nostri amici, le nostre sorelle, ci
farebbero prosciugare la cantina più fornita, qualora ardissimo cimentare le
nostre forze con la voglia che abbiamo di sottolineare l’affetto più tenero;
ma i Massoni hanno in orrore l’ebbrezza, conseguenza funesta degli eccessi;
la crapula non si asside mai accanto alla virtù, la sola decenza ha diritto
di riempire la sua coppa, le preoccupazioni sono bandite, i Massoni non le
paventano; adusi ad intrecciar ghirlande, le rose del piacere con i gigli
della sapienza, non degeneriamo mai; i nostri principi sono presenti sempre,
nei casi del lavoro, in seno alle feste, nel momento degli svaghi, il fuoco
dell’amicizia è il solo che ci riscaldi; vediamo la gioia; la afferriamo, ma
ci rendiam conto dei suoi limiti e sappiamo rispettarli: che non sia mai
fine, fratelli neo-iniziati, al vostro zelo per la nostra rispettabile
associazione e, quanto a noi, non dismetteremo mai i sentimenti che dovete
aspettarvi da noi, e che sono lusingato di garantirvi. Vivant, vivant,
vivant.»
Il Convento di Lione del 1778
All’argomento del banchetto o agape dedica spazio anche il Code Maçonique
des Loges réunies et rectifiées de France (1779), approvato nel Convento di
Lione del 1778 che fu all’origine del Regime o Rito Scozzese Rettificato.
Infatti il Cap. XV (Dei Banchetti e delle Feste) esordisce nei seguenti
termini: «I banchetti troppo sontuosi, troppo chiassosi e troppo frequenti
sono contrari allo spirito della Massoneria, mentre quelli il cui costo è
modico e regolato, in cui regnano la decenza e la fraternità, sono atti a
conservare ed a rinserrare i legami che uniscono i Massoni. Pertanto il
Maestro Venerabile radunerà a banchetto i Fratelli quanto spesso le
circostanze lo consentiranno... Le feste da celebrare nelle Logge riunite e
rettificate sono i due S. Giovanni, d’estate e d’inverno, e la festa del
rinnovamento dell’Ordine del sei novembre... Il giorno della festa di S.
Giovanni d’inverno sarà principalmente consacrato ad atti di beneficenza...
Lo stesso si deve osservare per la festa di S. Giovanni Battista... Ci sarà
un discorso come per la festa di S. Giovanni d’inverno, e si faranno al
banchetto tutti e sette i brindisi dell’Ordine...»
Louis Guillemain de Saint-Victor
Un rituale a stampa della Loggia di Tavola è finalmente contenuto nel
Recueil précieux de la Maçonnerie adonhiramite, opera di Louis Guillemain de
Saint-Victor (1786). Si è nell’ambito proprio del Grand-Orient de France e
del Rito Francese o Moderno in questo praticato. Le prescrizioni anticipano
un paradigma pressoché costante nei successivi documenti similari. «Poiché
l’Istruzione della Loggia di Tavola fa parte dei misteri dell’Ordine, si
deve tenere questa Loggia in un luogo altrettanto ben coperto della Sala
delle Iniziazioni. Si allestirà una Tavola a forma di ferro di cavallo,
abbastanza grande, se il luogo lo consente, perché tutti i convitati possano
sedere lungo il lato esterno. Il Venerabile è sempre posto all’Oriente
davanti al centro della Tavola, avendo l’Oratore alla propria destra: i
Sorveglianti sono alle due estremità all’Occidente; i Maestri occupano il
Mezzogiorno, avendo cura di cedere i posti più prossimi all’Oriente a tutti
i Visitatori che si presentino; i nuovi Iniziati devono stare a
Settentrione, di lato all’Oratore, ed i Compagni riempiono i posti rimanenti
da questa parte... Tutto ciò che costituisce il servizio della Tavola deve
formare tre linee parallele; vale a dire che i piatti formano la prima, le
bottiglie ed i bicchieri la seconda, ed i vassoi di portata ed i lumi
l’ultima». Seguono un glossario dei termini («i bicchieri sono chiamati
cannoni», etc.), il rituale di apertura dei lavori, un’elencazione dei
brindisi obbligatori ed i canti di chiusura, nonché il rituale di chiusura
dei lavori. La elaborazione del suddetto rituale è pressoché contemporanea a
quella del rituale, ben più autorevole per provenienza, redatto in forma
manoscritta nel 1783 per uso delle Logge del Grand Orient de France e
pubblicato a stampa nel 1801 nel contesto del Régulateur du Maçon ou les
trois premiers grades et les quatre ordres supérieurs (A Hérédom. l’An de la
G.·.L.·. 5801), che - con pochi adattamenti per quanto concerne la dedica
del primo brindisi, imposti dalle circostanze politicoistituzionali -
sarebbe stato preso a modello in tutta la Massoneria francese o
d’ispirazione francese fino ad oggi.
Dalla Francia all’Italia
Nell’ambito del primo Grande Oriente d’Italia (1805-1814) si fece
riferimento ai rituali del Grande Oriente di Francia, anche per i banchetti
o agapi. Ne è prova il volumetto delle Instructions pour les trois premiers
grades de la Franc-Maçonnerie catalogato nella Raccolta Bertarelli di Milano
e riprodotto integralmente in una pubblicazione riservata, che almeno fino
al 1808 dovette essere in uso benché in francese, posto che soltanto da
quell’anno è riferita l’esistenza di rituali a stampa in italiano. Del
volumetto fa parte anche una dettagliata Instruction de la Loge de table, ou
banquet, trascrizione pressoché integrale dal citato Régulateur, della quale
si riportano alcuni brani più significativi: «Disposizione della Loggia di
tavola. La sala in cui si fa il banchetto deve esser situata in modo che
niente si possa vedere o sentire dal di fuori. La tavola, per quanto
possibile, sarà a ferro di cavallo. Il posto del venerabile è al vertice, e
quello dei sorveglianti alle estremità. Il Fratello Oratore si pone in testa
alla colonna di meridione, ed il Fratello Segretario alla testa di quella di
settentrione; l’oriente è occupato dai fratelli visitatori, o da ufficiali
della Loggia, qualora non vi siano visitatori. Eccettuati i cinque ufficiali
appena menzionati, nessuno ha un posto distinto, tranne nel caso in cui vi
fossero visitatori decorati di gradi superiori, e che l’oriente fosse
occupato da essi. In tal caso gli altri visitatori verrebbero posti in testa
alle colonne. Il Pane si chiama Pietra grezza... Allorché ognuno abbia preso
posto, sta alla volontà del Venerabile di fare il primo brindisi prima di
masticare, o di aspettare che si sia masticata la minestra, od in altro
momento che egli ritenga opportuno. Quando vuole fare il primo brindisi,
batte un colpo di maglietto; immediatamente i fratelli serventi escono
dall’interno del ferro di cavallo, e si ritirano all’occidente. (È la stessa
cosa in tutti i brindisi). Tutti smettono di masticare. Il fratello maestro
delle cerimonie, per solito, sta da solo all’interno del ferro di cavallo e
di fronte al venerabile, per essere meglio in grado di ricevere i suoi
ordini e di farli eseguire: talvolta trova posto in un tavolino tra i due
sorveglianti .... Ciascun sorvegliante si assicura della qualità massonica
di tutti gli individui che stanno sulle due colonne, scorrendo lo sguardo su
di essi e riconoscendoli per Massoni... Nel frattempo i Fratelli si adornano
delle proprie sciarpe; non è necessario indossare il grembiule. Il Fratello
Copritore va a togliere la chiave della porta, che chiude; e da quel momento
nessuno più entra od esce.»
Pasto sacro
Il conferimento di contenuti simbolici a sfondo sacrale e talvolta
schiettamente iniziatico, infatti, è fenomeno pressoché generalizzato in
tutte le epoche ed in tutte le civiltà, nelle quali il pasto sacro trova
frequentissima anche se estremamente varia collocazione. Per limitarsi
all’area mediterranea, si dispone di molteplici e persuasive testimonianze
circa l’esistenza di momenti ritualizzati e sacralizzati di pasti collettivi
in contesti a carattere iniziatico, quali quelli orfico, pitagorico e
mithraico; a livello delle stesse grandi religioni monoteistiche - la
giudaica e la cristiana - che hanno maggiormente ispirato l’attuale civiltà
occidentale, non mancano esempi di rilievo, come i banchetti pasquali e,
sotto alcuni profili, la stessa celebrazione della messa, provveduti di
elevatissima ispirazione simbolica ed indubbiamente coessenziali ad una
rigorosa visione del sacro. Il problema della ritualizzazione del pasto in
comune tra i Liberi Muratori non può, quindi, essere analizzato al di fuori
di una precisa ricostruzione delle coordinate storiche, simboliche e
finalistiche proprie del fenomeno in discussione, quali si sono andate
precisando in una società iniziatica legata, dapprima in forma cosiddetta
operativa ed in seguito meramente speculativa, alle caratteristiche di un
preciso mestiere, quello dello scalpellino o tagliapietre ovvero, più
estensivamente, all’arte della costruzione. Orbene, un’abbondantissima
documentazione, che risale almeno al XVII secolo per quanto concerne
l’Inghilterra e la Scozia, e via via più ricca a partire dal XVIII secolo
fino all’epoca attuale, alla quale si è fatto sopra un molto riduttivo
riferimento, dimostra l’antichità della consuetudine di praticare il pasto
collettivo quale momento abituale di ogni riunione o tornata di Loggia, il
più delle volte a conclusione dei lavori rituali ma non di rado, almeno nel
XVIII secolo, durante i lavori medesimi. L’unico aspetto rituale o, per così
dire, codificato non riguardava e non ha mai riguardato gli alimenti solidi
del pasto, bensì il numero, la dedica e la forma dei brindisi. Si è visto,
peraltro, che il numero dei brindisi cosiddetti obbligatori fin dalla fine
del XVIII secolo nella Massoneria inglese ed in quella francese si è
cristallizzato in sette e che le dediche si sono anch’esse definite sia
nella individuazione dei destinatari sia nel loro ordine (al Capo dello
Stato, al Gran Maestro, al Venerabile, ai Sorveglianti, ai membri della
Loggia, ai Visitatori, a tutti i Liberi Muratori). Circa la forma del
brindisi, almeno dal XVIII secolo si è generalmente instaurata una
pittoresca ma in verità abbastanza semplice procedura che, facendo uso di
una nomenclatura in parte muratoria ed in parte castrense, abbina
l’elevazione dei calici all’idea della materializzazione del fuoco-luce, del
calore, sullo sfondo dell’insistita reiterazione del numero tre. Sotto il
profilo simbolico, si può ancora far rilevare che la disposizione della
Loggia di Tavola, quale risulta da tutte le fonti esaminate, riproduce
approssimativamente una semicirconferenza prolungata alle due estremità da
rette parallele, da ricollegare al fatto che i due Solstizi dividono il
ciclo dell’anno in due parti eguali, mentre la Loggia dei lavori muratori ha
la forma di un quadrato doppio: la prima (Loggia di Tavola) sarebbe una
rappresentazione del Paradiso Terrestre e la seconda (Loggia di Lavoro)
costituirebbe un’anticipazione della Gerusalemme Celeste. Questo pasto è
pervaso, nella massima spontaneità e schiettezza, dei sentimenti di amicizia
e di solidarietà che, attraverso ben noti collegamenti simbolici e
semantici, evocano i concetti di Amore e di Fraternità, mattoni elementari
ed essenziali dell’edificio iniziatico dell’Ordine, cardini e fili
conduttori, intrecciati in una significativa catena, della sua stessa
esistenza. Lo stesso nome di Agape (dall’identica parola greca, che vuol
dire Amore), in italiano sta a significare convito fraterno, convito intimo
tra amici, affetto od amore. Voler complicare questi significati, mediante
aggiunte o modifiche per quanto suggestive e profonde, comporterebbe il
rischio di snaturarli e di far perdere loro l’immediatezza e la genuinità
della originaria espressione. Ed ancora, il pasto in comune è un
completamento dei lavori rituali propriamente detti, che sono quelli fissati
e scanditi dal rituale del primo grado muratorio. In nessun caso esso può
divenire un lavoro a se stante, svincolato dalla subordinazione logica,
cronologica e simbolica ai lavori rituali.
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