Tema
Politica e Massoneria
Mi soffermerò in questo testo essenzialmente
su una questione: la Politica
che, più di altri argomenti, implica ed
impone un approccio cauto ed approfondito
alla necessità di differenziare
l’impegno politico da quello massonico.
Questa Tavola, però, non potrà che rappresentare
un umile stimolo alla riflessione.
Davide Corti, già V.M.i.C. della Loggia
«Brenno Bertoni», Lugano (Revista massonica svizzera ottobre 2009)
Come possiamo costatare, con il conferimento
rituale dei vari gradi massonici,
ci viene simbolicamente consegnata
una serie di strumenti che, facendo nostri
i significati simbolici che i Rituali vi hanno
assegnato, possiamo utilizzare per la
nostra crescita massonica e profana. Tanti
sarebbero quindi i temi che si potrebbero
sviluppare in una Tavola che vuole soffermarsi
sull’utilizzo degli strumenti massonici
nell’esperienza iniziatica, cercando di
differenziarlo dall’utilizzo nella vita profana.
L’importanza di ragionare su simili
differenziazioni è un’opportunità che il
Massone non deve perdere. L’averci consegnato
degli strumenti di lavoro che,
oltre ad avere una valenza simbolica
importante nel nostro cammino massonico
ed una connessione certa con la vita
di tutti i giorni, non può lasciare indifferente
il Massone che deve porsi la questione
circa i rapporti e le differenze tra il
lavoro massonico e la vita profana. Premesso
che distinzioni precise e matematiche
vanno scartate a priori, ci si dovrà
comunque chiedere quali sono le frontiere
che suddividono questi due aspetti che
impregnano la vita di ognuno di noi;
aspetti così profondamente diversi ma
così intimamente collegati.
Per cercare di dare una risposta ad un
simile interrogativo, si potrebbe prendere
praticamente qualsiasi aspetto del pensiero
massonico, giacché in Loggia non ci
limitiamo a sostenere teoricamente dei
valori, ma a lavorare affinché, concretamente,
l’intera umanità ne possa godere.
Ci si potrebbe interrogare ad esempio
sulle connessioni o differenze tra il concetto
di Fratellanza massonica e quello di
fraternità civile, sulla Tolleranza massonica
e la sbandierata tolleranza religiosa
o sull’uguaglianza massonica e gli ordinamenti
giuridici di uno stato che codificano
l’uguaglianza e la parità di trattamento
tra cittadini. Confondere questi
concetti significherebbe snaturare la
Massoneria dei suoi veri fini.
Morale e politica
Già nelle Costituzioni di James Anderson
vi era un espresso divieto di parlare di
politica nelle Logge. Storicamente, rifiutare
la politica, separarla dalla morale,
ricercare la virtù, significava per i Massoni
anche e soprattutto poter esprimere
un giudizio e poter dare un verdetto sul
sistema politico che, al
momento della nascita della
Massoneria speculativa, era
prevalentemente di tipo
assolutistico.
In tali circostanze, professare
determinati valori
significava, di conseguenza,
prefigurare un nuovo modo
di fare politica. Da qui la preoccupazione
sul fronte massonico
di mantenere, per
quanto possibile, separate
morale e politica. Tant’è che
gli storici sono unanimi nel
ritenere che uno dei motivi
del perseverare con il
segreto massonico era
anche quello di mantenere la
distinzione tra morale e politica,
separando l’attività della Loggia dal
mondo esterno e poter così esercitare,
liberamente, il giudizio morale rispetto al
mondo della politica. La storia ci insegna
che il segreto massonico non è stato in
grado di traghettare la Libera Muratoria
nei secoli mantenendola estranea alla
politica; anzi!
In particolare, durante il periodo dell’Illuminismo
vi fu un irrompere della politica
nelle Logge, ritenuto che i profondi cambiamenti
politici e sociali, propri di quei
tempi, trovarono stimolo e linfa nei valori
massonici. Questo particolare cambiamento
storico potrebbe, di primo acchito,
sembrare coincidere con un periodo florido
e positivo per tutta la Massoneria.
Viene in realtà – e giustamente – a coincidere
con un momento di profonda crisi
dell’Ordinamento massonico. E questo ci
deve far riflettere. In quegli anni, lo spazio
massonico era dominato sempre di più
dal discorso politico e stava diventando
sia per i Massoni, sia per gli osservatori
esterni, il terreno privilegiato di scontro tra forze partitiche diverse. A fronte delle
inevitabili lacerazioni interne che tale
situazione comportava nelle Logge, i
Massoni di allora si sono posti l’interrogativo
sulla natura e sulle finalità del loro
Ordine. Solo successivamente, con l’evoluzione
dello Stato, culminato con le rivoluzioni
illuministe, che hanno portato alla
formazione delle società post-illuministe,
il dibattito politico si è trasferito dalle
Logge verso le nuove strutture esterne.
Ritorno alla Tradizione
Negli anni rivoluzionari i Massoni stessi
sostenevano metaforicamente che fino
1789 le Logge erano state essenzialmente
degli operosi alveari politici, senza
però avere un immediato riflesso nella
vita istituzionale e che mano a mano che
ci si avvicinava alla rivoluzione si è poi
notato il netto trasferimento del dibattito
politico fuori dalle Logge nelle quali sono
quindi rimasti solo coloro che continuavano
ad impegnarsi per la difesa e alla
conservazione della vera Massoneria
legata alla Tradizione. Questo sviluppo
viene definito – cito - «la logica conclusione
della crisi e delle divisioni interne
della Libera Muratoria».
Questa breve, e spero non eccessivamente
noiosa digressione storica, serve per dire
che si può ritenere non scorretto, ma sicuramente
riduttivo, pensare che il divieto di
parlare di politica in Loggia sia dettato
unicamente dalla necessità di evitare possibili
scontri d’opinione. Ragionare su
questo particolare divieto significa, per il
Massone, comprendere la necessità di
indagare ed interrogarsi sulla differenziazione
tra massoneria e Massoneria, sui
compiti che il Massone è tenuto a svolgere
in Loggia a fronte del suo eventuale impegno
civile e politico esterno. Il pericolo di
confusione e sovrapposizione, dovuto alla
distinzione non sufficientemente ponderata
tra Massoneria e politica, è concreto
ed importante. Concreto, se si considerano
i vari regolamenti e statuti che reggono
il nostro Ordine e che spesso si
rifanno a concetti quali la patria, le leggi
che la governano, la fedeltà allo Stato,
eccetera. Importante, ritenuto che una
mala interpretazione di tale necessaria
differenziazione, o peggio, di una mescolanza
impropria di concetti, renderebbe
difficile comprendere gli scopi ed i fini
propri della Massoneria. Si pone quindi un
ulteriore interrogativo. Che senso può
avere il divieto di fare politica in Loggia a
fronte dell’evoluzione storica della nostra
società ed il raggiungimento di uno Stato
laico in cui vige la separazione dei poteri,
i diritti di uguaglianza personale, la libertà
di culto e quant’altro? Come deve essere
letto ed inteso l’impegno politico di un
Massone? Il Libero Muratore ha assunto i
principi democratici, li ha accettati, li propugna
e li difende. Ma questo non significa
assolutamente che la Massoneria
possa essere paragonata ad una democrazia.
La Massoneria non ha nulla a che
vedere con l’organizzazione politica o
civile di uno Stato, qualsiasi esso sia, nemmeno
se lo Stato è retto da istituzioni
democratiche affini ai valori da noi sostenuti.
La natura della Massoneria è, e deve
rimanere, quella di una Società Iniziatica.
E proprio per questo, la Massoneria, come
tale, non può e non deve proporsi nessuno
di quegli scopi a cui si dedica una qualsiasi
associazione attiva nella società profana
che consegue scopi politici, o peggio
ancora, partitici.
Operare per il bene universale
Ma uno scopo la Massoneria lo deve pur
avere. Altrimenti sarebbe vana e vuota
tanto che l’uomo virtuoso la rifiuterebbe
piuttosto che aderirvi. Lo scopo è quello
di conseguire il bene universale, slegandosi
da culture unilaterali, cercando la
dimensione universale dell’uomo, disgregandosi
da concetto dogmatici, per cercare
l’unione di tutte le fonti di intuizione
dell’uomo, in modo trasversale. Questo e
nessun altro deve essere lo scopo della
Libera Muratoria. Ma questa finalità, il
bene universale, è talmente ampia che
può essere conseguita anche su molteplici
altre vie; tra queste l’affaccendarsi
in mezzo agli uomini, l’interessamento
alla cosa pubblica e, una di tante, anche
la politica.
Dalla diversità di finalità deriva la necessità
di mantenere una netta separazione
tra Massoneria e politica. Per il Massone,
e ai suoi occhi, tutte le leggi e gli ordinamenti
del suo Stato, la realtà in cui vive
e la sua cultura, devono sempre riferirsi
all’intero genere umano e solamente per
questo hanno per lui un valore ed un
significato. La Patria può essere intesa
come la patria dell’intera umanità o, perlomeno,
come un tassello dell’intera
umanità. Lo stesso dicasi della famiglia il
cui concetto va elevato ed inteso come
concetto universale. Ciò non significa che
il singolo Massone, colto e preparato, sia
sottratto allo Stato e votato ad un pigro
cosmopolitismo. All’opposto, egli diventa,
in forza di questo suo pensiero universale
e solistico il più utile cittadino dello Stato.
Il suo cosmopolitismo si manifesterà per
mezzo della più poderosa attività, ivi
compresa quella politica che, però, dovrà
sempre distinguersi dalla via iniziatica
che sta percorrendo. Il Massone sa che
leggi e costituzioni, anche se manchevoli,
sono pur meglio di niente. La Massoneria
è universale, professa valori universali
che, come abbiamo visto, non coincidono
in particolare con la partitica, faziosa per
definizione, sicuramente utile e necessaria,
ma certamente diversa da ciò che
deve essere la Massoneria. Questo ha
come conseguenza che nessuna differenziazione
tra Massoni attivi in politica e
Massoni che non lo sono, potrà trovare
posto nei discorsi di Loggia. Occorre vigilare
affinché riferimenti diretti a questioni politiche non snaturino i lavori di
Loggia. Se si vuole, si potrebbe estendere
il medesimo ragionamento anche alla
religione, ma non entrerò in materia per
la delicatezza e la complessità dell’argomento.
Sta di fatto che la nostra cultura
e il nostro modo di pensare sono quasi in
antitesi con una visione universale della
vita e dell’uomo che è, per contro, propria
della Massoneria.
La scelta da parte della Massoneria di
considerare religione e politica quali
ambiti meramente conoscitivi, ma su cui
non si può prendere posizione, è tutt’altro
che casuale. Questi divieti ed il loro
rispetto vanno quindi meditati, ragionati
e compresi, e non ridotti o modificati a
piacimento. La politica è dialogo, ma
soprattutto ricerca dei consensi, nel
rispetto delle opinioni altrui, in una decisione,
in una delibera, in un’idea che
anche le minoranze sono tenute a rispettare
in funzione degli assunti principi
democratici.
Come detto, anche per questo motivo la
Libera Muratoria ha sì assunto i principi
democratici, ma pure deciso di militare in
un Ordine che non ha nulla in comune con
l’organizzazione politica di uno Stato. E
ogni Massone ne dovrà tenere conto nei
discorsi e nelle posizioni che prenderà in
Loggia, tenendo sempre presente la risposta
che ha fornito quando gli è stato chiesto
se si riteneva uomo libero.
Riconoscere il dualismo
Un Fratello recentemente ha detto: «Nel
distinguere la politica dalla Massoneria,
non dobbiamo mai dimenticare quali
sono le pietre angolari destinate all’edificio
massonico, la trascendenza e l’introspezione,
l’affinamento spirituale
dell’uomo che auspichiamo di raggiungere.
» A mio modo di vedere, la consapevolezza
di dover riprendere, rivalutare e
ragionare su questi principi cardine, è
una delle sfide che la Massoneria deve
raccogliere nel terzo Millennio poiché
rappresentano la via verso una conoscenza
globale ed una visione sempre più
d’insieme delle grandi intuizioni del
mondo. Poiché l’uomo, che ha come
scopo il suo acculturamento e l’approfondimento
spirituale, può diventare più
libero e fornire così il suo contributo al
generale benessere. L’aveva già compreso
anche il Fratello Kipling che, nel suo
famoso racconto «L’uomo che volle
essere re», aveva abbandonato la sua iniziale
visione di una Massoneria al servizio
dello Stato, concludendo con un monito
che vuole essere un chiaro invito al Massone
a staccarsi dalla politica e a concentrarsi
sui valori universali della Massoneria:
«Fui iniziato in una Loggia il cui Maestro
Venerabile era mussulmano, fui promosso
Compagno d’arte in una Loggia il
cui Maestro Venerabile era indù, fui elevato
a Maestro Libero Muratore in una
Loggia il cui Maestro Venerabile era cristiano.
»
Nella nostra realtà l’invito di questo Fratello
è da raccogliere nel senso di distinguere,
con chiarezza e fermezza, il lavoro
massonico dall’impegno politico, sostenendo
con altrettanta chiarezza e fermezza
che i concetti non si escludono a
vicenda, sono evidentemente collegati,
ma vanno distinti e non vanno assolutamente
confusi. Un Massone che fa politica
utilizzerà gli strumenti che la democrazia
gli ha dato e metterà a frutto
quello che è l’insegnamento massonico,
ma l’impegno in politica non dev’essere
inteso come un obbligo.
L’auspicio che posso formulare, concludendo,
è che si riesca a tenere sempre
presente che, dinnanzi alla dualità che
contraddistingue la nostra vita e che
trova simbolicamente espressione nelle
due Colonne che oltrepassiamo ogni
volta che varchiamo la soglia del Tempio,
al Massone è data l’opportunità di superare
questo dualismo profano, seguendo
il sentiero della vita, mantenendo il più
possibile fisso lo sguardo verso l’Oriente,
eterno ed unico per tutti i Massoni, per
tutti gli uomini.
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