Tema
La pluralità dei nostri rituali
Questo breve scritto non vuole ripercorrere i molteplici Riti e Sistemi massonici applicati sotto l’egida della Gran Loggia Svizzera Alpina. Rimando il lettore e lo studioso della massoneria al volume redatto dal Gruppo di Ricerca Alpina intitolato “Manuale della Massoneria”, attualmente in fase di revisione.
Alberto Giuffrida, V.M.i.C. della RL Veritas Locarno
Annoto però che all’inizio
del volumetto distribuito al Neofita dopo la sua Iniziazione vi
è contenuta la seguente informazione: «I
Rituali della GLSA non sono
per nulla uniformi e provengono da
diverse correnti spiritualistiche. Sono
caratterizzati da un'evoluzione storica
secolare. In effetti le Logge della GLSA
praticano vari Riti, l'uno differente
dall'altro. Nonostante la loro diversità
mantengono alla base un'idea comune e
inalterabile nel tempo. Tra i principali
Riti vi sono
questi: il Rito Scozzese Antico ed
Accettato (RSAA), il Rito Scozzese Rettificato
(RSR), il Rito di Emulazione, il Rito
di Memphis Misraim, il Rito di Schroeder
e il Rito Francese»1.
Aderente alla storia delle
riforme costituzionali proclamate nel nome della libertà, anche
la massoneria elvetica è fortemente depositaria di fattori che
sembrano apparentemente antagonisti - ma che sono in realtà
complementari - quali la centralità dello Stato e l’autonomia
dei Cantoni; per analogia, questi due fattori si traducono
nell’applicazione massonica come, da una parte, la Sovranità
della Gran Loggia Svizzera Alpina e, nel contempo, l’autonomia e
la libertà d’azione concessa alle singole Officine a condizione
però che queste non siano in disaccordo con la Costituzione. Non
vi è quindi da stupirsi - ma è semmai un elemento di cui essere
particolarmente orgogliosi e fieri – se nell’incipit del
libretto dell’Apprendista gli autori hanno ritenuto necessario
fare subito chiarezza sul concetto di pluralità dei rituali e,
tramite esso, condurre mentalmente il Neofita alla comprensione
di quanto possa essere arricchente il concetto di
un’idea
comune ed inalterabile nel tempo,
anche se praticata in modo diverso e
non uniforme.
Rituali, tutti
diversi ma tutti uguali
Un esempio illustrativo di
quanto un’idea comune ed originaria possa essere sempre
ritrovata (ma anche solamente intuita) in una molteplicità di
altri contesti, ci è proprio fornito dallo studio delle origini
delle parole. Per entrare subito nel merito dell'argomento in
questione, il termine stesso di “rito” deriva dalla radice
sanscrita RTA e
significa «ciò che
è conforme ad un modello; un atto o
un’azione ordinata in relazione ad un
paradigma». Il
sintagma RTA significa quindi connessione, contatto con un mondo
invisibile e sacro che tutto determina. Questo è il suo
significato esoterico e spirituale, prospettiva che verrà
ripresa in un secondo momento del presente articolo.
Ma non è tutto. Se, per
curiosità, inseriamo il termine “rito” in uno dei tanti
traduttori disponibili sul mercato e ne cerchiamo la traduzione
in altri idiomi, notiamo ben presto che tale radice è sempre
riconoscibile, anche nelle lingue a noi più lontane. Non
soltanto è presente, seppur con qualche variazione, nelle lingue
indoeuropee, ma la ritroviamo infatti con molta facilità anche
in aree linguistiche alle quali queste ultime non appartengono.
Si pensi ad esempio alla radice ugro-finnica, per noi tanto
distante ed incomprensibile, la quale traduce il termine "rito"
con i facilmente identificabili termini "ritti" o "ritus". Vi e'
qualcosa che lascia intuire una regola linguistico semantica ben
nota: più il termine antico è portatore di significato, più
permane nel tempo e conserva la sua pregnanza, adattandosi a
contingenze e pressioni che non ne snaturano mai il senso
originario, par giungere persino ad insediarsi in una sorta di
DNA collettivo che rende la parola imperitura ed indissociabile
dal suo significato primordiale. La Parola è già lì per essere
ascoltata con tutti i nostri canali sensoriali aperti; non va
interrogata poiché "Essa" parla da sé, essendo il suo
significante già un significato. Se si ascolta la Parola,
insomma, già si sa a cosa essa si riferisce in quanto i
caratteri e le peculiarità della tradizione permangono nel
substrato psicologico e culturale, nell'immaginario, nei sogni e
costituiscono dei modelli perfettamente attivi ed operanti. La
parola della tradizione assomiglia molto al magma pre-sente nel
centro della terra ed al vulcano che, al suo risveglio, lo
rivela mostrandone forza, intensità e meraviglia.
Così come la Parola antica
sopravvive ed è sempre presente, seppur nelle differenze, anche
i Rituali – sia quelli che traggono origine da spiritualità
diverse, sia quelli modificati nel tempo – sono depositari della
Tradizione antica e nulla tolgono al senso di sacralità che da
essi viene emanato, ma permettono semmai di ritrovare - nella
diversità - tutti quei punti di riferimento che hanno come scopo
quello di riunire le persone che vi assistono, non di
disgiungerle. In tal senso non vi sono rituali giusti e/o
sbagliati poiché esso é pura magia intesa come prassi che dà
accesso alla sacralità. La magia del Rituale è tale in quanto
permette di vivificare la profonda Unione tra gli Uomini in un
contesto che va al di là delle dimensioni spazio-temporali della
vita profana e che produce l’estasi di un presente che perdura;
un presente che è Eternità, il «nunc
stans» che si contrappone al «nunc
fluens» - per dirla con Sant’Agostino -
ovvero un presente
che non genera né ansia verso il futuro né sensi
di colpa verso il passato, bensì un tempo attonito ed uno spazio
sacro che produce benessere, bellezza e stupore. Il rituale
permette di vivere il presente della Tradizione, apre i nostri
sensi e ci permette di gioire nella nostra interiorità; è un
momento che non conosce né passato né futuro, né ieri né domani:
un momento senza tempo, ovvero il presente del
momento Eterno, ciò che
conduce il filosofo Wittgenstein a sostenere che «la
vita eterna appartiene a coloro i
quali vivono nel presente».
Questi sono elementi che ci avvicinano al G.A.D.U. ed alla
Costruzione Universale che, da Massoni, andiamo perseguendo
dall’alba dei tempi. Attraverso i nostri Rituali, lasciamoci
dunque inebriare dal presente e scopriremo così il senso delle
cose che non mutano, così come il presente sta al passato ed al
futuro, il piccolo sta nel grande ed il punto sta alla
circonferenza.
Rito e senso
Ho affermato pocanzi che
Rito significa«ciò che è conforme ad un
modello; un atto o un’azione ordinata in relazione ad un
paradigma». Ciò induce a considerare
il rito come uno sfondo che unifica e che
permette ai partecipanti, stretti nella
fratellanza, di
vivere oggi le stesse ed immutate
emozioni vissute sin dall'inizio e
lungo il corso della storia dell'Ordine.
Esso permette di essere "qui", ma anche
"altrove", ovvero all'interno di una
dimensione storica che annulla il tempo
che trascorre (nunc
fluens si trasforma in
nunc stans) e che, come in un
incantesimo, rende
manifesti ed attuali i vissuti
di un’epoca lontana. Il rito permette così
al passato di essere presente ed al
“paradigma o
modello” di vivificarsi, descrivendo
così il filo sottile che li attraversa
e, nel contempo, li proietta nel futuro.
Per sua stessa
natura, il rito agisce come se
preesistesse al significato stesso delle
cose e delle parole, così come il bambino
appena nato prepara il linguaggio che
apparirà solo più tardi caricandosi di
emozioni, esperienze, tracce mnesiche
che lasciano un solco nella sua mente e
restano indelebili, fungendo così da
substrato alla
prima parola che, presto o
tardi, verrà pronunciata.
Ma qual è il
«paradigma» a cui si riferisce la definizione citata?
Il Tempio massonico, nella
sua strutturazione,
è inizialmente uno spazio neutro.
Diventa spazio sacro all’apertura dei
Lavori Massonici in virtù
dell’esposizione
del Quadro di Loggia, dell’accensione dei
3 pilastri, dell’apertura del Libro Sacro
e della
composizione Squadra e Compasso,
gesti che creano le condizioni affinché
l’unità dei cuori, la riflessione, il
pensiero ed il
raccoglimento si compiano. Pertanto,
tutti i decori e tutti gli oggetti
presenti
all’interno del Tempio assumono
tutta la loro forza simbolica solo quando
lo spazio è divenuto Sacro. Per citare un
esempio, il concetto stesso di “Carità”
inteso come dono o elemosina si eleva,
all’interno del Rituale, al significato
di Amore
Universale. Solo allora e solo nello
Spazio Sacro si ha accesso allo stato
mentale che pone i fratelli nella
condizione di far
vivere dentro di sé le Tradizioni,
siano esse culturali, spirituali o religiose
che costituiscono gli insegnamenti
più belli che sono stati consegnati
all’Umanità sin dalla notte dei tempi. “La
Massoneria – si legge nel libretto dell’Apprendista – è un
insieme di insegnamenti relativi alla morale, presentati e
spiegati sotto forma di simboli ed allegorie”.
Oltre a questo,
Massoneria è anche e, forse,
soprattutto un centro Iniziatico sparso
nel mondo che opera nella direzione di
mantenere vivo il ricordo della
tradizione antica
e per mostrare agli Uomini di
buona volontà che esiste un’altra vita,
quella dell’interiorità e della
autenticità.
Grazie ai suoi antichi rituali ed al metodo
introspettivo in essa praticato, la
Massoneria agisce
come regolatore di una
Società che, sempre di più, manifesta
invece la tendenza ad allontanarsi da ciò
che è Sacro, stende un oscuro velo sul
mondo del “sensibile” e del “divino”,
toglie la speranza e semina la paura2.
Il Tempio
massonico ed il rituale che in esso
si compie, in virtù dell’isomorfismo di
un macrocosmo che
si riverbera nel microcosmo,
è invece un sapiente ri-equilibratore
di tutte quelle energie negative che
mirano ad occultare la Verità, opponendo
ad esse elementi fondanti quali
l’esercizio della
Morale, della Giustizia e della
Tolleranza. Il Tempio non ha muri, ma è
descritto simbolicamente attraverso una
Catena Universale di Fratelli che operano
per togliere quel “velo oscuro” e per
ricercare la
Verità nello splendore di una vita
nuova, costituita da valori inestinguibili
ed imprescindibili che si ritrovano nelle
antiche tradizioni, nell’arte e nella
saggezza dei
filosofi.
Questo é il modello o
paradigma a cui si
riferisce la definizione di “rituale”;
l'azione ordinata, la scrupolosità dei
gesti e anche la
ripetitività di cui sono impregnati
i nostri rituali non sono altro che i
mezzi attraverso i quali si concretizza
la connessione tra
la terra ed il cielo, rivelando
così l’immanenza del Sacro. Se eseguito
con scrupolosità, il Rituale rivela
qualcosa di ancora "più profondo" delle
parole che lo compongono, trattandosi di
una narrazione allegorica che ha la
funzione di
rendere attiva, dentro di noi, la
matrice stessa del Rituale Originario. Lo
sgrossamento della Pietra Grezza, in
fondo, è la metafora del “saper
andare oltre le forme”, togliendo quanto
di superfluo ci è
offerto da queste ultime,
per poi giungere al Cuore del pensiero
Iniziatico e vivere la vita autentica con
gioia e consapevolezza.
Per sua stessa natura, al di là delle
provenienze e dei
ritocchi operati nel corso
della storia, il Rituale delimita quindi uno
Spazio Sacro che rende possibile il
lavoro interiore e
l’introspezione in modo tale
che la Tradizione possa essere mantenuta
e tramandata nel tempo. Questa, a mio
umile avviso, è la prospettiva in cui il
Frammassone deve porsi per chiarire,
soprattutto a se stesso, il senso
intrinseco del
rituale.
Armonia, struttura
e coerenza
Si è detto che il Rituale,
malgrado le forme e le trasformazioni che esso subisce nel corso
della storia, cela dentro di sé qualcosa di più profondo che va
al di là delle parole in esso contenute. E’ però anche vero che,
affinché esso si disveli o possa liberare la sua stessa matrice
originaria, è necessario ed imprescindibile che non venga
snaturato a tal punto da renderlo inoperante o addirittura nullo
dal profilo esoterico. In tal senso é interessante ripercorrere
le pagine del Quaderno nro 8 pubblicato nel 1998 dalla R.L.
Brenno Bertoni di Lugano dedicato al “Rito
di Schröder”, in particolare laddove,
riferendosi alle Rispettabili Logge di Amburgo, esprimeva tutta
il suo dissenso in merito allo stravolgimento di un rituale,
originariamente inglese, praticato da queste ultime. In alcune
lettere citate nel testo, Schröder muove parole di zolfo contro
l’influenza di Riti cavallereschi dell’epoca, come l’Ordine
della Stretta Osservanza o gli Illuminati di Baviera, i quali,
compenetrati nella massoneria azzurra, ne avevano stravolto i
rituali, essendo le Logge “permeate dal
misticismo, dall’alchimia, dal rosa
crocianesimo e
dagli Illuminati, i cui lavori
erano svolti in modo dilettantesco”
(pg.87, op cit). Infatti, Ordine della Stretta Osservanza e
Illuminati di Baviera, congiuntamente alle continue
infiltrazioni di massoni francesi fra le colonne delle logge
amburghesi, condussero molti Fratelli tedeschi, vezzeggiati
dall’idea di divenire “eccellentissimi Cavalieri Templari” a
modificare alcune importanti Tradizioni e, soprattutto, a
modificare platealmente i rituali,
originariamente ispirati alla tradizione inglese, inzuppandoli
di stravaganze di ogni genere. F.L. Schröder, profondamente
devoto alle tradizioni, reagì con forza a tale situazione in
quanto concepiva la Massoneria come un’educazione alla Vera
Moralità, ritenendo che il ritorno alla purezza del Rituale
Antico costituisse la chiave d’accesso per la sua realizzazione.
Egli era infatti convinto che «i Tre
Distinti Colpi»3
fosse non solo autentico ma addirittura
il rituale più antico ed il più affidabile, basando quasi tutto
il suo lavoro di riforma su questo testo.
Questo breve lacerto di
storia della Massoneria sta ad indicarci quanto temeraria possa
essere l’azione di modifiche dei rituali che nulla hanno a che
vedere con le loro stesse origini, considerando soprattutto che,
all’origine, gli autori avevano pensato con profondità d’animo
ad una struttura e ad un’armonia che doveva fungere da
“paradigma” e, per il suo tramite, costituire la base stessa
dell’immanenza della sacralità. Per coerenza, dunque, apportare
modifiche strutturali al rituale (si tratta, in generale, di
consuetudini di Loggia che vengono man mano inserite), oltre che
essere ingannevole e controproducente ai sensi dell’istruzione
di Loggia, sarebbe un atto analogo a quello di dipingere barba e
baffi alla Venere del Botticelli! Meglio sarebbe riscoprire le
origini del Rituale, capirle a fondo ed interiorizzarne i
contenuti.
La recita «a
memoria» o “par Coeur”?
Nella Massoneria inglese,
scozzese ed irlandese, soprattutto nelle Logge più antiche, é a
tutt’oggi in uso la recitazione a memoria del rituale e,
reciprocamente, viene vissuta come una forma di degenerazione la
lettura diretta del testo. Se è vero che la perfetta recitazione
delrituale crea un’atmosfera particolare e magica, è altrettanto
comprensibile che non tutti i fratelli hanno l’abilità, la
costanza e, soprattutto nella nostra modernità, il tempo di
dedicarsi a tale studio. Ciò detto, ritengo altresì fondamentale
che la lettura del testo venga
eseguita con cura, precisione ed
ispirazione
poetica, elementi questi che
presuppongono una conoscenza approfondita del Rituale stesso ed
un’interiorizzazione dei contenuti da parte degli Ufficiali di
Loggia. In questo ambito non è mai inutile insistere
sull’istruzione e ribadire l’importanza dello studio
approfondito dei rituali, della loro storia, dei simboli e
quant’altro costituisce il patrimonio della Massoneria.
Non va dimenticato, per
concludere, che la narrazione “par coeur”
può essere sostituita da una
lettura eseguita “avec
le Coeur” poiché
anch’essa è suscettibile di creare, nello Spazio Sacro, quella
magia e quella forma di stupore che costituiscono le chiavi
d’accesso per entrare in contatto con il “paradigma” il quale,
pur non avendo forma definita, non solo è sempre attivo ed
operante, ma racchiude e custodisce in sé i significatipiù
profondi dell’animo umano.
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