Tema
Divagazioni sulle stelle
Sconfinato tema quello delle stelle. Non solo perché c’invita a gettare un ammirato sguardo nel cosmo infinito, ci fa tornare ancor oggi a ragionare sull'Universo cercando d’immaginarne l’origine, o più genericamente ci cattura nella curiosità del conoscere. Ma anche perché, sostanziandosi in un simbolo, arricchisce la gamma di quelli che sono patrimonio della Massoneria.
Silvio Laureri, Loggia Il Dovere, Lugano
L’immaginazione e i
miti
Mi limiterò a una
scorribanda – divagazione, appunto – tra gli spunti attinenti
alle stelle che affiorano alla mia mente, senza perseguire uno
scopo didascalico, bensì solo per suscitare stimoli alla
riflessione e non toccherò la sostanza simbolica che il simbolo
stella racchiude per noi massoni. Spero non Vi sia sgradito
seguirmi. Leggendo il primo libro della Bibbia apprendiamo che
Dio, nel secondo giorno della creazione, creò il “firmamento”, o
cielo (Gen., 1,7-8); nel quarto giorno creò “i luminari nel
firmamento del cielo” e cioé “il luminare maggiore per
presiedere al giorno, il luminare minore per presiedere alla
notte, e le stelle” (Gen., 1,14-19). Da tali specifiche nozioni
fondamentali, intese come parole di Dio – quindi con valore di
dogma – l'indagine profana fu intralciata per molti secoli ad
opera del magistero delle gerarchie religiose quando volle
cimentarsi nell’analisi e nell' aggiornamento delle teorie
cosmologiche più antiche concepite dai filosofi. Infatti – fin
dalla Preistoria – gli uomini, levando gli occhi al cielo
notturno avevano osservato con interesse le stelle cominciando a
discernere le loro particolarità percepibili. Così, indagando
gli innumerevoli punti di luce nelle tenebre, supposti di uguale
sostanza anche se differenziabili a occhio nudo per grandezza e
luminosità, i sapienti d'ogni etnia avevano cercato di
comprenderne la natura e formulato le prime ipotesi
cosmologiche, che a noi oggi appaiono rudimentali benché
geniali. Mentre il sapere filosofico rimaneva confinato nella
cerchia dei dotti, quello popolare si diffondeva fra le genti:
il primo si sviluppava secondo gli schemi della ragione, il
secondo – invece – con il sentimento dell'immaginazione. Con
susseguenti, reciproche contaminazioni. Il sentimento in questo
caso coincide con la superstizione e conduce al mito, definibile
come insieme fondamentalmente turbinoso di credenze idolatriche,
o addirittura di escrescenze mentali primigenie, preistoriche,
tribali, alla loro maniera spesso infantili e talvolta amorali.
A occhio nudo
l'esplorazione del cielo non poteva vertere che sul numero, la
grandezza apparente, la luminosità relativa, la posizione e
distribuzione areale nonché il moto delle stelle (corpi celesti,
astri) fino a quando dispose solo d'un corredo di strumenti
molto semplici, cioè traguardi abbinati a goniometri azimutali e
zenitali. L'ultimo, quindi il più perfezionato, apparato di tale
generazione – l'astrolabio – cadde gradualmente in disuso dopo
la messa a punto dell’occhiale galileiano (1609): come strumento
nautico venne sostituito dal sestante mentre l’occhiale – o
cannocchiale – ebbe fin dall’origine la sola funzione di
strumento di ricerca astronomica, fu sviluppato come telescopio
rifrattore da ottici olandesi ed affiancato in seguito dal
telescopio riflettore inventato da Newton.
La ragione
filosofica e scientifica
L’impiego dei telescopi
nella ricerca astronomica comportò innanzitutto la scoperta
della fisicità delle stelle: allo stato solido alcuni – non
tutti – i pianeti con i rispettivi satelliti, allo stato fluido
gli astri. Fondamentalmente significative in questo senso furono
le prime scoperte effettuate da Galileo con il Suo occhiale: i
mari della Luna, i satelliti di Giove, gli anelli di Saturno e
le macchie solari. Spiccata importanza venne da sempre
attribuita al luminare diurno – il Sole – ed, in secondo rango,
a quello notturno – la Luna – con particolare attenzione alle
rispettive, opposte caratteristiche – luce calda/fredda,
mobilità di ritmo costante/mutevole – coll'accreditare loro
virtù proprie delle divinità delle religioni idolatriche.
Nella realtà visuale di
sempre la stella è un punto luminoso; la sua rappresentazione
grafica e pittorica la trasforma in un poligono stellato nel
quale le punte – che nel disegno possono essere al minimo tre –
rendono l'idea dell'irradiazione luminosa fredda. I disegni di
stelle divenuti più comuni presentano cinque o sei punte. La
rappresentazione del sole, invece, è caratterizzata da un numero
molto grande di punte serpeggianti come fiamme, essendo calda la
luce solare. La luna, invece, si differenzia per il suo aspetto
mutevole da disco circolare a sottile falce, privo della corona
di punte perché riconosciuta dispensatrice di luce riflessa,
fredda, immota. La volta celeste ruota lentamente, quasi
impercettibilmente, imperniata sulla Stella Polare, mantenendo
immutata la distribuzione spaziale delle cosiddette “stelle
fisse” e funge da sfondo ad un gruppo di “luminari” erranti – i
pianeti – che fin dai primi osservatori del cielo furono
identificati e battezzati. Nel mondo culturale classico
ricevettero i nomi di alcune divinità: Mercurio, Marte, Venere,
Giove.
Nella volta celeste furono
distinti raggruppamenti di stelle di disegno invariabile detti
costellazioni e denominati, seguendo l'ispirazione
pittorico-poetica, dagli osservatori del cielo dell'antichità
classica con nomi di personaggi mitologici o di animali. Gli
Egiziani e gli Arabi dispensarono altri nomi pertinenti ai
rispettivi mondi mitologici per identificare costellazioni e
astri singoli.
n sostanza gli abitatori
della Terra, dai più antichi, o addirittura preistorici, fino a
quelli d'epoca tardo-medioevale e proto moderna, concepirono e
definirono un concetto di stella che conglobava tutti i corpi
celesti in un'unica categoria di entità immateriali, dotate di
prerogative divine che conferivano loro il potere d'influenzare
gli eventi terreni. E questo potere consisteva in una valenza
idolatrica tale da inscrivere nel DNA – come si direbbe oggi –
caratteristiche mentali e fisiche qualificanti la personalità
d'ogni individuo all’atto della nascita, variabili in funzione
del momento e del luogo della “venuta al mondo”. Lo scibile
attinente era ed è rimasto di competenza dell'astrologia,
originata forse dalle speculazioni della scuola pitagorica,
sviluppata come scienza persino da genî come Copernico, Keplero,
Galileo e Newton ma oggi tollerata come pseudo-scienza dal mondo
accademico e condannata come superstizione da quello vaticano.
In particolare le dodici costellazioni individuate lungo
l'equatore celeste nella successione di periodo annuale
costituente lo Zodiaco rappresentano gli elementi- base della
teoria astrologica, sistema complesso quanto suggestivo, che
citiamo solo per sottolineare uno dei significati profani del
simbolo “stella”.
Alcuni simboli
delle stelle
Altri significati profani
ci sono suggeriti dalla comparsa singola o multipla di stelle
nelle bandiere nazionali, nei gradi militari, nei blasoni
nobiliari, nelle classifiche di qualità, sempre per esprimere
grado di eccellenza, attinenza con valori immateriali,
attitudine superna.
Del significato e del
valore della stella Sole come simbolo-guida possediamo già
numerose nozioni che coinvolgono i concetti di misura del tempo
– mezzogiorno e mezzanotte, equinozio e solstizio – e di
orientamento – Est, Ovest – pertinenti, però, con minore
evidenza anche alle stelle. In particolare la Stella Polare
appartenente alla costellazione dell’Orsa Minore è, durante la
notte, il punto di riferimento del Nord per chi – nell’emisfero
boreale, come noi – ha bisogno di un ausilio per dirigere i
propri passi nell’attraversare un deserto o per volgere la prua
della nave se si trova in mare aperto. Varie altre stelle, molto
probabilmente, funsero da riferimento astronomico per i
viaggiatori di terra, di mare e di cielo fino all’avvento
recente degli strumenti attuali di localizzazione geografica
basati su elaboratori, radar e satelliti artificiali. Come
l’Uomo e prima dell’Uomo gli uccelli migratori si servirono
dell’immagine della volta celeste notturna per dirigere i loro
voli di trasferimento: in essi l’istinto registrò e selezionò –
inscrivendole nel DNA – le immagini del firmamento che
corrispondono ai segnali di partenza delle migrazioni e al
quadro dei riferimenti in esso reperibili per dirigere la rotta
di volo. L’osservazione della Natura ha nutrito e arricchito le
conoscenze umane in tutti i campi: ne abbiamo ogni giorno la
conferma dall’esito della ricerca scientifica, che conduce allo
sfruttamento delle risorse per gli scopi più vari.
Le stelle sono state per
secoli la guida notturna del viaggiatore ed hanno acquisito
perciò come simbolo il valore di ausilio necessario per il
riconoscimento della retta via. Volgiamo perciò lo sguardo al
cielo nei momenti di smarrimento, ma anche quando non siamo in
angustie, per accogliere il messaggio di serenità e di saggezza
che la luce ci reca dalle distanze astrali.
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