Dossier
L’Oratore, custode della Tradizione Massonica
Una loggia è riconosciuta giusta e perfetta, quale che sia il rito praticato, quando è diretta
da tre ufficiali e illuminata da cinque. Gli altri due sono costituiti dal Segretario e
dall’Oratore che siedono ad Oriente vicino al Venerabile e si rivolgono direttamente a lui
senza chiedere l’autorizzazione ai Sorveglianti.
In questa Tavola ci soffermeremo sulla funzione e sui
compiti che competono a questo Ufficiale di loggia
che è l’Oratore. Da un punto di vista storico, secondo
l’autorevole studioso René Forestier, la figura dell’Oratore
avrebbe fatto la sua comparsa tra il 1725 e il 1730 all’epoca
della creazione delle logge francesi. A quel tempo invece
nelle logge inglesi vi si trovavano ancora solo cinque ufficiali:
un Presidente, due Sorveglianti, un Segretario e un
Tesoriere. Ancora oggi nelle logge anglosassoni o americane
non esiste o esiste in modo facoltativo. Al suo posto è
presente la figura del «Chaplain» (cappellano) che tiene le «orazioni» iniziatiche e legge i brani
biblici. L’etimologia latina della parola
orare rinvia a pregare che a sua volta
deriva da os-oris che vuol dire bocca.
Per cui l’oratore è colui che si serve della
parola ma che può anche imporre il
silenzio come invito alla meditazione o
alla riflessione. Luce della sua Officina,
l’Oratore è anche colui che veglia affinché
la legge del rito con il quale la loggia
lavora venga preservato nella sua
originalità e che vigila affinché il regolamento
interno della loggia, e della
Obbedienza alla quale appartiene vengano
rispettati. In breve è la sentinella
della legge, o, su un piano iniziatico
il custode della Tradizione Massonica.
Non per nulla il gioiello dell’Oratore è
composto da un libro sul quale è scritta
la «Legge» o semplicemente delle Tavole
della legge.
L’Oratore è il custode della
Tradizione Massonica.
Non solo retorica e dialettica
Spesso ci si immagina l’Oratore semplicemente
come un abile sofista capace
di incantare il pubblico con discorsi aulici
e spettacolari dispensati da una particolare
tribuna. In realtà non si tratta di impressionare l’uditorio con discorsi
incomprensibili ed ermetici. È chiaro
che una certa padronanza dell’eloquenza
facilita il compito ma non è questo
l’essenziale di tale ufficio. L’Oratore è
chiamato piuttosto a svolgere una funzione
di moderatore nei dibattiti che
seguono determinati lavori. Dovrebbe
dimostrare capacità di sintesi in quanto
in poche frasi ci si attende che sappia
riassumere le idee centrali di un lavoro
o il contributo dei punti di vista di più
fratelli. In questo senso la caratteristica
fondamentale del suo operato è l’obiettività
di giudizio. Oltre alla facoltà
di sintesi necessita di abilità di analisi
e di argomentazione. Ma soprattutto si
presume che possegga una cultura indiscutibile
della materia, che disponga
dei documenti di riferimento indispensabili
al suo esame delle varie questioni
che possono sorgere in loggia, in modo
da potergli permettere di smorzare sul
nascere ogni possibile contestazione.
Su domanda del Venerabile riassume le
modalità di voto, segreto o per alzata di
mano. Coadiuvato dal Venerabile e dal
Segretario controlla la regolarità ed il risultato delle votazioni. Al momento dell’installazione di
un nuovo collegio, fornisce un rendiconto del bilancio del
lavoro svolto, consegnato dal Segretario. Non bisogna dimenticare,
come sottolinea acutamente Christiane Guigue
nel suo libro Les discours de l’Orateur (1997, p.3), che se la
qualità del lavoro rituale dipende fondamentalmente dalla
triade costituita dal Venerabile e dai due Sorveglianti, la
reputazione ed il prestigio di una loggia scaturiscono molto
spesso dalle prestazioni dell’Oratore.
Le Tavole dell’Oratore
La reputazione ed il prestigio di una loggia
scaturiscono molto spesso dalle prestazioni
dell’Oratore.
A nome della loggia, in occasione dei passaggi di grado,
l’Oratore viene incaricato di presentare un discorso di benvenuto.
In tali circostanze la sua funzione è prevalentemente
pedagogica; si tratta di trasmettere preziosi consigli
ai Fratelli che si apprestano a ricevere un aumento di salario,
in modo da permettere loro di porsi delle domande
in grado di far progredire la loro maturazione massonica.
In altre circostanze, come nelle cerimonie funebri o quelle
dei Solstizi, l’Oratore dovrebbe soprattutto saper esporre gli elementi simbolici ed allegorici di tali tenute rituali
in modo da condividere gli insegnamenti ermetici di tali
cerimonie.
L’oratore spera di dispensare qualche
raggio di luce che nutra lo spirito e fortifichi
l’anima.
Per certi aspetti l’Oratore può essere comparato ad un giudice.
Quado esprime un suo giudizio conclusivo nessuno
lo può contestare (neanche il Venerabile) e nessuno è autorizzato
neppure a commentare le sue decisioni. La sua
funzione risulta quindi particolarmente delicata. A volte
si tratta di prendere delle decisioni perentorie che possono
sembrare discutibili a un gruppo di fratelli. Per questo è
necessario che sappia operare con scienza e coscienza. È
proprio in questi frangenti che si riesce a valutare la sua
bravura, quando cioè si dimostra competente nell’osservare
in modo imparziale sia la Tradizione che le regole
dell’Ordine. In estrema sintesi si può parlare di un ruolo
che richiede un solido sapere iniziatico, oggettività e rigore
nell’applicazione delle leggi e dei regolamenti, capacità di
discernimento e chiarezza di spirito. Al momento dei passaggi
di grado è importante che le sue allocuzioni non siano
standardizzate ma che siano concepite su misura, cioè
personalizzate in funzione del Fratello al quale sono rivolte.
Il postulante deve rendersi conto che sta ascoltando un
discorso il cui contenuto coglie alcuni aspetti rilevanti del
suo carattere e della sua personalità, della sua ricerca iniziatica
e del suo comportamento massonico. I testi dell’Oratore
potranno quindi prendere la forma di elogio per i
Fratelli particolarmente meritevoli accompagnati da consigli
per il proprio lavoro futuro. Potranno assumere dei
contorni mistici verso dei Fratelli portati all’introspezione
spirituale. A volte saranno improntati maggiormente al
simbolismo per quei Fratelli recettivi ai contenuti traslati.
Ma potrebbero anche correggere e avvertire i Fratelli passivi
e poco costanti sollecitandoli ad un maggior impegno.
Oppure, in caso contrario, sarà parimenti opportuno contenere
gli eccessi di entusiasmo e la fretta di raggiungere
traguardi che necessitano un congruo periodo di assimilazione.
L’idea di fondo che presiede a questi discorsi di benvenuto
è di mettere il Fratello in procinto di ottenere una
promozione davanti al muro che ha costruito lui stesso
perché «è ai piedi del muro che si vede il Massone». Come
si vede l’introduzione e la presenza dell’oratore non si giustifica unicamente con il desiderio di
«sviluppare la messa in scena» o quella
di pronunciare dei discorsi di apparato.
La sua funzione consiste nell’illuminare
i fratelli con la parola come il sole
illumina il mondo. Non si tratta di brillare
come dei lustrini i cui raggi sono
destinati a spegnersi rapidamente ma
solamente ad apportare qualche raggio
di luce che come dice Rabelais nutre lo
spirito e fortifica l’anima. D. B.
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