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Conoscere Intuitivamente

TAVOLA tenuta presso la Loggia di Ricerca Pico della Mirandola n°33
il 27 Ottobre 2012 dal Ill.mo e Ven.mo Gran Maestro Fr.Fabio Venzi

 


Là dove abbiamo parlato apertamente non abbiamo detto nulla; ma dove abbiamo espresso in enigmi e figure, là abbiamo nascosto la verità
Geber
(Rosarium Philosophorum)

Spiegare cosa sia la Conoscenza Intuitiva è impresa ardua, in quanto spiegare a parole ciò che può essere soltanto intuito appare come una contraddizione in termini. Possiamo comunque tentare cominciando col dire che condicio sine qua non per capire cosa sia la Conoscenza Intuitiva è la capacità dell’individuo di imparare a pensare‘esotericamente’.
L’intento è quello di percepire l’essenza stessa delle cose, la realtà metafisica o “noumenica” che procede ‘oltre’ il reale e il visibile. Nella ‘Conoscenza Intuitiva’, o ‘Intuizione Intellettuale’, non deve quindi vedersi l’intervento della ragione o del pensiero discorsivo bensì “l’organo della conoscenza immediata, vale a dire l’‘intelligenza pura’, che va oltre la semplice ragione, una conoscenza ‘metafisica’, sovra-individuale e sovra-razionale, in pratica un’operazione della mente tramite cui i risultati dell’intelligenza vengono ottenuti senza l’impiego dell’intelligenza”. [1]

Con ‘Conoscenza Intuitiva’ quindi, potremmo definire quel tipo di esperienza gnoseologica, conoscitiva, basata sulla percezione super-sensibile e super-razionale dell’Essere allo stato “puro”, ossia della realtà quale è, prima ancora che i sensi e la ragione individuale la facciano apparire suddivisa in una molteplicità di “cose” e manifestazioni aventi (ma solo per noi uomini) un particolare significato. [2]
Scopo della conoscenza intuitiva è quello di farci trascendere la mente per unirci all’Assoluto, abbandonare il relativo ed il molteplice per tendere all’Uno.
Il pensiero indiano ci insegna che le condizioni di sofferenza dell’uomo sono causate da un’errata percezione della realtà, infatti, entrando nel mondo fenomenico (Samsara), che noi percepiamo come reale, l’uomo dimentica e così si allontana dalla propria identità universale. Il classico esempio della brocca è utile a farci comprendere il concetto: se prendiamo una brocca e la rompiamo, l’aria che si trova al suo interno si ricongiunge in modo indissolubile a quella che è all’esterno, tornando ineluttabilmente al proprio stato primordiale di unità inscindibile, l’aria nella brocca non diventa ‘parte’ di quella esterna ma ‘uno’ con la sua totalità, diviene, in pratica, la stessa aria. Così, quando un percorso iniziatico, qualunque esso sia, ermetico, alchemico, massonico, arriva alla sua conclusione, la ‘liberazione’ è avvenuta, l’idea di essere anime ‘individuate’ lascia spazio alla coscienza allargata di non essere in nulla e per nulla differenti da Dio, ossia di essere Dio stesso, di essere uno con Lui, di essere uno con tutto e con tutti.

Il Metodo liberomuratorio, servendosi di quella forma di conoscenza e percezione che chiamiamo ‘Conoscenza Intuitiva’, dovrebbe di conseguenza insegnare a non avere condizionamenti e ad evitare di utilizzare esclusivamente la mente razionale per perseguire una conoscenza delle cose fine a se stessa.
Sappiamo infatti che, se la nostra mente è condizionata nella ricerca della Verità, cioè se essa non è completamente libera, può soltanto accrescere le informazioni in riferimento al proprio stato, in un processo di mero accumulo di dati che finiranno per rafforzare i nostri stessi condizionamenti e pregiudizi. Quindi, soltanto una mente totalmente libera ha le potenzialità per intraprendere un percorso iniziatico.
Ma vediamo quando ed in che modo la Conoscenza Intuitiva fa la sua comparsa nel nostro rituale, all’interno dell’insegnamento iniziatico progressivo in esso esposto. In questo breve excursus cercheremo di evidenziare come dal fatto fisico esterno l’attenzione si sposterà progressivamente al sé immortale interiore situato, per così dire, dietro la mente. Ricordiamo che il Rituale liberomuratorio è concepito ‘esotericamente’, e per questo velato da simboli e allegorie, e proprio le immagini, per il loro olismo, rappresentano l’immediatezza della conoscenza percettiva e soddisfano l’esigenza di pensiero puro, nudo, non frantumato in parole.

Nel 1° Grado ci viene detto (nell’Esortazione dopo l’Iniziazione) che le basi della Libera Muratoria sono la pratica di ogni Virtù morale e sociale.
Quindi il Grado di Apprendista, caratterizzato dai “Principi della Verità Morale”, potrebbe essere definito come il Grado dell’Etica.
Il VLS è l’infallibile guida alla verità e alla giustizia e regolatore delle nostre azioni. Siamo esortati a comportarci in modo esemplare nell’adempiere ai doveri civili. Ci si raccomanda la Prudenza, la Temperanza, la Fortezza e che la Giustizia possa guidare le nostre azioni. (Virtù Cardinali). Siamo inoltre invitati alla Discrezione, alla Fedeltà e all’Obbedienza (ci si astiene da discussioni su politica e religione).
Nella Tavola di Tracciamento che si riferisce al Grado in questione, ci viene ricordato, simbolicamente, che la Scala di Giacobbe è fatta di gradini o pioli che indicano altrettante virtù morali e specialmente le tre principali: la Fede, la Speranza e la Carità.
La ‘Conoscenza Intuitiva’ non compare in questo Grado, essa non è infatti ancora necessaria in quanto l’intento è quello di formare un buon individuo sia a livello personale e morale che nell’interazione sociale.

Nel 2° Grado estendiamo la ricerca ai Misteri Occulti della Natura e della Scienza.
L’Ordine, ci viene spiegato, è fondato sui principi dell’Amore Fraterno, del Conforto e della Verità.
Il Grado di Compagno è caratterizzato dalla “Scienza Divina” e dal rapporto tra l’uomo e la sua idea del Divino. Il Libero Muratore è condotto in questo Grado per “ammirare la facoltà intellettuale e tracciarne il suo sviluppo, attraverso i sentieri della scienza celeste, fino al Trono di Dio medesimo”. Potremmo definire questo come il Grado della Metafisica intesa Intellettualisticamente. Il MV ci ricorda infatti come ci si attende dal candidato che faccia delle Arti e delle Scienze Liberali il suo futuro studio.
La ‘Conoscenza Intuitiva’ ancora non compare, l’intelletto con tutte le sue facoltà, seppur orientato in senso metafisico, è presente e va anzi fortificato attraverso l’indagine e lo studio.

Il 3° Grado, mediante la ‘contemplazione’, ci prepara per l’ultima ora della nostra esistenza; e quando, grazie a tale contemplazione, esso ci ha condotto attraverso gli intricati sentieri di questa vita mortale, ci istruisce, infine, su come ‘morire’.
Risalta chiaramente come il Grado di Maestro sia sempre caratterizzato dal rapporto esclusivo uomo-Dio, non più collocabile in un contesto storico e sociale, né interpretabile con lo strumento della ragione umana, ma, piuttosto, come un “velo misterioso che l’occhio della ragione non può penetrare”. Ci viene richiesta, per proseguire il nostro cammino, una nuova facoltà, quella della contemplazione dalla quale affiora la Conoscenza Intuitiva.
Quindi, nel grado di Maestro, non si potrà più fare affidamento sulle sole facoltà morali ed intellettuali poiché l’ineffabile poggia sull’intuizione e non sulla ragione, sulla percezione del Tutto e non delle sue parti.
Si entra così nel delicato terreno della mistica, introdotta già nel secondo grado dalla simbologia del Trono di Dio (simbologia che ritroviamo nel Libro di Ezechiele, nella mistica ebraica della Merkavà, nel Libro apocrifo di Enoch) e dal concetto di morte che può essere intesa sia come morte fisica, ma soprattutto come morte mistica, ossia la dissoluzione dell’Io pensante.

Da queste premesse, risalta come il presupposto del nostro ragionamento è che il ‘pensiero’, ossia l’approccio logico-razionale, non ci permetta di vedere l’insieme delle cose, la loro vera ed ultima natura, e vada, ad un certo punto del cammino, abbandonato in favore della contemplazione che apre le porte dell’Intuizione e della vera conoscenza.

Il filosofo indiano Jiddu Krishnamurti, affronta magistralmente il problema della conoscenza che prescinde dalla forma pensiero logico-razionale, spiegando come sia possibile ‘conoscere intuitivamente’. Egli incentra il processo sulla pura ‘osservazione’, sottolineando come sia fondamentale nell’osservatore la consapevolezza che la nostra abituale forma pensiero si va sempre ed inevitabilmente a sovrapporre all’osservazione stessa,   modificandone il risultato: “L’osservazione è lo strumento del pensiero, potete osservare, poi tramite una conclusione creare un concetto dell’osservazione. L’attività di creazione tramite l’osservazione è il movimento del pensiero. Si può osservare senza alcun movimento del pensiero? Si richiede una disciplina? La radice della parola disciplina è imparare, non conformarsi o imitare, si può imparare a osservare senza che il pensiero crei un’immagine? Si può semplicemente osservare?”. [3]

Quindi, si può semplicemente ‘osservare’, cioè si può conoscere quell’oggetto che stiamo osservando intuendone la natura, la sua vera natura, senza la sovrapposizione del pensiero? E qual è lo scopo di questa osservazione pura, non inficiata da condizionamenti e superfetazioni logico-razionali e, soprattutto, temporali?
Il fine ultimo è la ricerca dell’Assoluto, dell’Essenziale, dell’assolutamente Incorruttibile, per gli alchimisti la Pietra Filosofale, per i Liberi Muratori la Pietra Cubica, per tutti la Verità, un’esperienza che porti, in definitiva, ad un’illuminazione, ad una trasformazione. In questa umana ricerca di ciò che la ragione non può comprendere, risiede proprio il valore dell’intuizione come forma più alta di conoscenza, infatti noi non potremmo cercare ciò che non conosciamo. Dentro di noi, oltre la mente, deve esserci uno spazio in cui risuona l’Assoluto e l’Eterno ed in qualche modo, intuitivamente, noi li percepiamo, altrimenti non saremmo sospinti incessantemente verso di essi, nonostante la ragione ci dica che esse sono dimensioni estranee alla nostra esistenza umana e terrena.
Per poter compiere questa ‘opera’, l’opus alchemico, bisogna innanzitutto essere liberi da tutte le illusioni ed i condizionamenti che ci portiamo dietro ( i metalli nella nostra simbologia), cosicché la mente non possa ingannare se stessa. Dobbiamo quindi ‘osservare’, senza alcun tipo di illusione, le illusioni che lo stesso pensiero ha precedentemente creato. In questo modo, liberando la mente dalle sue stesse creazioni, la renderemo leggera, integra ed onesta, da questo momento allora potremo cominciare a indagare chiedendoci se c’è un’esistenza senza tempo, una verità senza tempo.
Soprattutto è fondamentale, nell’atto dell’’osservazione’ pura, nel momento in cui cerchiamo di ‘Conoscere Intuitivamente’, che vi sia una totale ‘libertà’ nel soggetto agente, nell’osservatore: “Fin dall’infanzia siamo educati al controllo, a reprimerci. Il controllore non è necessario, è necessaria solo l’osservazione, quando osservate non c’è né controllore né controllo, solo osservazione. Se osservate la vostra invidia senza darle un nome, senza negarla né accettarla, semplicemente osservate la sensazione, la reazione che sorge e che viene chiamata invidia, guardatela senza la parola (che rappresenta il passato) e potrete vivere senza il senso del controllo. Si può vivere senza il senso del controllo, di conflitto, di divisione, solo quando c’è PURA OSSERVAZIONE”. [4]

Il ‘metodo’ che propone Krishnamurti si presenta come un vero e proprio approccio ‘mistico’ tendente all’ ‘unione o ‘riunione’ tra osservatore ed osservato: “Guardate prima le cose per quello che sono. Quale relazione c’è tra noi e l’umanità? Quando osservate un albero cosa accade durante l’osservazione? C’è questa cosa chiamata albero perché la memoria entra in azione e riconosce che quella cosa è un albero, e riconoscendolo gli diamo un nome. Possiamo osservare l’albero senza nominarlo? Guardarlo soltanto, se ci riuscite avrete la conferma che la parola “albero” non è un fatto reale, la Parola non è la Cosa stessa. Quindi la descrizione di un albero non è la cosa descritta… Se l’Osservatore e l’Osservato non sono differenti c’è soltanto Osservazione”. [5]

Parliamo quindi di un’esperienza di espansione della Personalità, in cui la distanza tra il soggetto e l’oggetto sembra cancellata, ogni dimensione annullata, in cui il soggetto dell’esperienza sembra fondersi con l’oggetto sperimentato. Un’esperienza per cui irrompe nella coscienza individuale una coscienza cosmica nella quale l’esteriore e l’interiore sono una sola cosa.
E’ esperienza comune che laddove vi è divisione nasce il conflitto, la divisione ci fa percepire come entità separate, ci sono io e la mia religione, la mia lingua, la mia nazione, la mia Loggia, e così via. Se percepiamo la realtà e noi stessi come separati , frammentati, isolati, non potrà che esserci, oltre che conflitto, senso di impotenza, frustrazione e paura, tutti connotati dell’esistenza umana.

Il problema, dunque, nasce dal pensiero che genera divisione: “Tutto il pensiero è limitato, frammentato, il pensiero può concepire il tutto, ma quella concezione è ancora il pensiero…Cosa accade se conosciamo intuitivamente? Gli scienziati hanno scoperto oggi scientificamente (dopo che gli alchimisti ed esoteristi lo avevano intuito molti secoli prima, ndr) che quando si osserva qualcosa senza teoria, senza ricordi, attraverso un microscopio, la cosa che osserviamo subisce un cambiamento, la cosa osservata cambia, non è mai uguale; se guardiamo alla nostra “avidità”, al nostro “odio”, alla nostra “invidia” in questo modo, la cosa subisce un cambiamento, osservare me stesso, l’intera natura e struttura di me stesso, guardare senza nessuna associazione con il passato, tutto questo può portare a un cambiamento”. [6]

Nel nostro percorso iniziatico, dunque, faremo riferimento alla ‘Conoscenza Intuitiva’ come forma di conoscenza che prescinde da definizioni, concetti, nozioni, elaborazioni mentali ed è piuttosto uno stato di coscienza. D’altronde gli stessi simboli e metafore di cui ci serviamo sono proprio diretti a stimolare tale forma di conoscenza o ‘reminiscenza’ platonica.
Il primo passo consiste nel cambiare lo sguardo che poggiamo sul mondo e su noi stessi e nel dirigere la nostra osservazione nella giusta direzione: dalla tendenza ad alienarsi nella molteplicità, alla concentrazione sulla propria interiorità, verso stadi sempre più raffinati di percezione, fino alla contemplazione come forma più alta di conoscenza che è “Unione”.
Continuare a interpretare ‘profanamente’ un percorso iniziatico è fuorviante, sappiamo infatti che la ‘perfezione’, la ‘trasformazione’, il ‘compimento’ di cui parliamo e verso cui tendiamo è interiore e spirituale, esoterico appunto, e non va dunque ricercato fuori da noi stessi.
L’essenza di una vita veramente compiuta risiede nella coscienza dell’identità della propria anima con l’Anima Universale. L’essenza della vita è pura coscienza.

conoscere-intuitivamenteIn una delle magnifiche illustrazioni dell’Atalanta fugiens, Michael Maier accompagna il Quarantaduesimo Emblema con la frase “Per chi si applica alle cose chimiche, che la natura, il ragionamento, l’esperienza e la lettura siano la guida, il bastone, gli occhiali e la lampada”, a significare che attuare un percorso di trasformazione e realizzazione integrale dell’individuo non è semplice e per riuscire nell’intento bisognerà che la natura serva da guida, da libro di osservazione, che il ragionamento sia solo il bastone di appoggio, che gli occhiali aiutino a discernere il vero dal falso secondo esperienza e che la lampada della conoscenza proietti luce costante sull’intero cammino.

Senza la “lampada” della ‘Conoscenza Intuitiva’ ci aggireremmo in un mondo di ombre, dove ogni sforzo intellettuale di capire il senso delle cose sarebbe vano.


 


[1] Fernando Pessoa, Pagine Esoteriche, Adelphi, Milano, 1997, pag.53.

[2] Massimo Scaligero, Dioniso, in Testimonianze su Evola, Mediterranee, Roma, 1973.

[3] Jiddu Krishnamurti, Nel totale silenzio la mente incontra ciò che è eterno, Discorso tenuto a Sanaan, 1979.

[4] Jiddu Krishnamurti, Nel totale silenzio la mente incontra ciò che è eterno, Discorso tenuto a Sanaan, 1979.

[5] Jiddu Krishnamurti, L’osservatore non è diverso dall’osservato, Discorso tenuto a Madraas, 1979.

[6] Jiddu Krishnamurti, L’osservatore non è diverso dall’osservato, Discorso tenuto a Madraas, 1979.